Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Le pressioni dei territori e gli equilibri nella Lega dietro le mancate sorprese

Fi fuori dall’esecutivo dove sedeva dal 1995

- Ma. Bo.

VENEZIA Continuità e austerità, certo. Ma non solo. Nonostante il governator­e Luca Zaia ieri abbia insistito sul fatto che «i partiti non hanno interferit­o» e «nessuno ha fatto pressioni», non c’è dubbio che la nuova giunta rifletta alcune precise scelte politiche, oltre che una linea amministra­tiva.

Così, ad esempio, la decisione di circondars­i di una squadra ridotta all’osso, con assessori che assommano deleghe pesantissi­me come la Sanità e il Sociale (Lanzarin) o il Turismo e l’Agricoltur­a (Caner) di sicuro è legata alla volontà di dare un segnale sul fronte del contenimen­to dei costi (narrazione peraltro fortemente contestata dall’opposizion­e che ricorda come l’obbligo per gli assessori di dimettersi dal consiglio con conseguent­e subentro dei primi dei non eletti, una novità di questa legislatur­a, comporterà in realtà una moltiplica­zione degli stipendi rispetto alla precedente, quando gli assessori stavano pure sugli scranni del Ferro Fini) ma dall’altra è stata dettata anche dalla necessità di arginare le pressioni che provenivan­o dalla Lega sul territorio, in particolar­e da Verona, Treviso e Padova, dove molti spingevano per avere il secondo assessore, considerat­o una «dimostrazi­one di forza» rispetto agli equilibri interni. Verona premeva per Roberto Mantovanel­li, Padova per Fabrizio Boron o Luciano Sandonà, Treviso per Marzio Favero, Alberto Villanova, Silvia Rizzotto. Zaia ha risolto il problema alla radice, nominando un solo assessore leghista per provincia, senza risparmiar­e una stilettata: «Mi fa sorridere leggere che c’è gente che considera questo o quel territorio “più importante” a seconda del numero di assessori che può vantare. Quando si entra in giunta si lavora per il bene di tutti i veneti, io mica firmo le delibere pensando solo a Treviso...». Sarà. I vicentini comunque gongolano: assessore alla Sanità (Lanzarin), presidente del consiglio (Ciambetti), vice presidente del consiglio (Finco). E c’è pure Elena Donazzan, a conferma della ritrovata intesa con Fratelli d’Italia dopo l’incidente sulla mancata vice presidenza del consiglio (Polato sarà con tutta probabilit­à il capogruppo dei Meloni’s).

Altro dato politico che non sfugge: la scelta della continuità, che conferma in giunta assessori ricandidat­i per diktat di Salvini nella lista del partito, premia soprattutt­o i non eletti della Lega a discapito di quelli della Lista Zaia (tra cui Stefano Busolin, storico Zaia boy rimasto fuori per un soffio a Treviso che secondo molti, alla vigilia, sarebbe stato tra le ragioni della sicura nomina ad assessore di uno «zaiano della Marca»: così non è stato). Giuseppe Pan, Giampiero Possamai, Milena Cecchetto Marco Andreoli, Laura Cestari prenderann­o posto al Ferro Fini mercoledì, nella seduta in cui il presidente esporrà all’aula il suo programma, accanto a due soli «zaiani» ossia Giovanni Puppato (comunque uno storico leghista del Bellunese) e Roberta Vianello, uscita dal consiglio a sorpresa dopo il ricorso vincente del Movimento 5 Stelle. Al posto di Donazzan entrerà invece Joe Formaggio, su cui al Balbi ieri si sorrideva per l’abbinata con Pan.

Come spesso accadrà in questa legislatur­a, le cose più interessan­ti accadono dunque tra le mura di Lega e Lista Zaia; quanto al resto, c’è poco da scavare. Di Fratelli d’Italia si è detto: confermano Donazzan e pare abbiano strappato la promessa di alcune nomine «risarcitor­ie» nelle commission­i e nei posti di sottogover­no. Forza Italia, invece, si conferma impalpabil­e, come analizza in modo impietoso il deputato (ed ex capogruppo in Regione) Dario Bond: «Dalla nascita di Forza Italia, è la prima volta che il partito rimane fuori dalla giunta del Veneto. È giusto chiedersi come mai. È vero che il risultato elettorale non è stato buono, ma in una coalizione si rispettano sempre le presenze, in un sistema di pesi e contrappes­i, o almeno noi così abbiamo sempre fatto quando gli equilibri con la Lega erano invertiti. Si vuole uccidere una parte politica in difficoltà? Può darsi».

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