Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il piano Covid in cinque fasi
Ricoveri, terapie intensive: Zaia presenta la road map della macchina sanitaria. «Nessun coprifuoco»
Il governatore ha presentato il Piano predisposto dalla Regione per affrontare l’emergenza coronavirus durante l’autunno e l’inverno. Cinque le fasi e un «semaforo» che a cominciare dal verde segnale i livelli di gravità. Se si arrivasse al rosso, «sarebbe la catastrofe, il collasso» avverte Zaia. Che aggiunge: «Al momento nessun coprifuoco»
VENEZIA
Cinque colori, per cinque fasi. Il verde, che contraddistingue la normalità, ce lo siamo già messi alle spalle. Siamo all’azzurro e la speranza è di non sconfinare nel giallo e nell’arancione. Se si arrivasse al rosso, l’ultimo stadio, «sarebbe la catastrofe, il collasso del sistema» avverte il governatore Luca Zaia. Questo «semaforo» è il cuore del Piano predisposto dalla Regione per affrontare l’emergenza coronavirus durante l’autunno e l’inverno: serve alla «macchina della sanità» per trovare rapidamente l’assetto più corretto per affronle tare l’epidemia e ai cittadini per capire con immediatezza la gravità della situazione, senza farsi prendere dal panico. «Non attiene invece a decisioni come il lockdown o il coprifuoco, che al momento non sono all’orizzonte in Veneto e che sono frutto di un dialogo col governo basato su molte valutazioni» precisa l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin.
«Ho voluto accelerare la presentazione del Piano perché vedo proliferare le analisi più disparate, da quelle catastrofiche a quelle da Alice nel Paese delle meraviglie, passando per complotti d’ogni tipo - spiega Zaia -. La domanda, invece, è una soltanto: come impatta il covid-19 sulla nostra capacità di curare i veneti? Perché qui non è in discussione l’efficacia delle cure, che funzionano come dimostra il basso tasso di mortalità, bensì la tenuta degli ospedali, perché il virus si diffonde rapidamente, i reparti e terapie si riempiono, medici e infermieri devono essere dirottati in massa sui pazienti covid e questo rischia di provocare la paralisi, dal rinvio delle visite all’impossibilità di curare un infartuato o una vittima della strada».
Il benchmark scelto dalla Regione per valutare il livello di rischio è dato dal numero di posti letto occupati nelle terapie intensive, combinato con quello dei posti letto «in area non critica» e cioè nei reparti e nelle terapie sub intensive, secondo un rapporto di 1 a 6 (un posto di terapia intensiva, 6 posti in area non critica). Questi posti letti si trovano negli ospedali «hub» (quelli dei capoluoghi), negli ospedali «spoke» (quelli in provincia) e nei covid hospital che in alcuni casi sono cliniche private. Per la terapia intensiva il piano conta 1.000 posti letto complessivi; di questi, 522 sono già attivi; 191 sono pronti ma sotto chiave; 111 possono essere recuperati in fretta dalle sale operatorie; altri 176 implementando le postazioni oggi dedicate alla terapia sub-intensiva.
Questo il quadro. Veniamo al semaforo. Da 0 a 50 posti letto occupati in terapia intensiva è verde e tutto funziona come al solito. Da 51 a 150 è azzurro, si cominciano ad attivare i posti letto aggiuntivi negli hub e negli spoke e si apre una parte di quelli sotto chiave; l’attività ordinaria viene riorganizzata con la sospensione o il ritardo delle visite e degli interventi programmati.
” Zaia
A marzo il picco fu di 356 pazienti in intensiva. Oggi sono 66
«Fase gialla», da 151 a 250 posti letto occupati: si attivano tutti i posti letto sotto chiave, si ricorre ai covid hospital, si cominciano a convertire i posti di terapia subintensiva; nei covid hospital si riduce l’attività ordinaria e quella d’urgenza viene trasferita. «Fase arancione», da 251 a 400 posti occupati: si iniziano a ricavare letti nelle sale operatorie dei covid hospital, l’attività ordinaria viene garantita solo negli hub mentre viene ridotta in quelli spoke. «Fase rossa», oltre 400 posti letto occupati: si ricavano letti ovunque sia possibile, l’attività ordinaria viene sospesa anche negli ospedali hub, dove a quel punto sarà possibile garantire solo le emergenze («Un mese di fermo sanitario - fa di conto Zaia - sono 7 milioni di prestazioni in meno»). Di pari passo il Piano, che dovrà essere modulato su base provinciale (l’epidemia non si sposta sul territorio in modo omogeneo) prevede anche l’aumento dei posti letto in «area non critica», arrivando nel caso più estremo a dedicare ai pazienti covid tutti i posti letto degli ospedali spoke, e l’eventuale concentrazione in un solo ospedale per provincia di alcune specialità (ad esempio, oculistica).
Le Usl dovranno predisporre entro fine mese il piano per la redistribuzione del personale medico, infermieristico e tecnico a seconda delle diverse fasi. La logistica non è invece un problema, hanno spiegato Paolo Rosi, coordinatore del settore emergenza-urgenza, e Paolo Fattori di Azienda Zero: gli spazi ci sono e non si renderà necessario utilizzare l’ospedale-tenda del Qatar, che resta comunque montato a Schiavonia anche se gli interni sono tutti da allestire. La Regione tranquillizza anche sull’approvvigionamento di mascherine, guanti, camici e macchinari: «Nei magazzini abbiamo tutto. Finora, personale escluso, abbiamo speso 300 milioni».
«Attualmente contiamo 66 pazienti in terapia intensiva, dunque siamo in “Fase azzurra” - spiega Zaia -. In primavera, il 29 marzo, furono 356 e quel giorno toccammo il picco. Come andrà nelle prossime settimane? Non lo so. La pressione ora è concentrata sulle Aziende ospedaliere di Padova e Verona e sulla zona di Cortina e del Comelico ma ci aspettiamo che l’epidemia duri fino a maggio, impossibile fare previsioni».