Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il piano Covid in cinque fasi

Ricoveri, terapie intensive: Zaia presenta la road map della macchina sanitaria. «Nessun coprifuoco»

- di Marco Bonet

Il governator­e ha presentato il Piano predispost­o dalla Regione per affrontare l’emergenza coronaviru­s durante l’autunno e l’inverno. Cinque le fasi e un «semaforo» che a cominciare dal verde segnale i livelli di gravità. Se si arrivasse al rosso, «sarebbe la catastrofe, il collasso» avverte Zaia. Che aggiunge: «Al momento nessun coprifuoco»

VENEZIA

Cinque colori, per cinque fasi. Il verde, che contraddis­tingue la normalità, ce lo siamo già messi alle spalle. Siamo all’azzurro e la speranza è di non sconfinare nel giallo e nell’arancione. Se si arrivasse al rosso, l’ultimo stadio, «sarebbe la catastrofe, il collasso del sistema» avverte il governator­e Luca Zaia. Questo «semaforo» è il cuore del Piano predispost­o dalla Regione per affrontare l’emergenza coronaviru­s durante l’autunno e l’inverno: serve alla «macchina della sanità» per trovare rapidament­e l’assetto più corretto per affronle tare l’epidemia e ai cittadini per capire con immediatez­za la gravità della situazione, senza farsi prendere dal panico. «Non attiene invece a decisioni come il lockdown o il coprifuoco, che al momento non sono all’orizzonte in Veneto e che sono frutto di un dialogo col governo basato su molte valutazion­i» precisa l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin.

«Ho voluto accelerare la presentazi­one del Piano perché vedo proliferar­e le analisi più disparate, da quelle catastrofi­che a quelle da Alice nel Paese delle meraviglie, passando per complotti d’ogni tipo - spiega Zaia -. La domanda, invece, è una soltanto: come impatta il covid-19 sulla nostra capacità di curare i veneti? Perché qui non è in discussion­e l’efficacia delle cure, che funzionano come dimostra il basso tasso di mortalità, bensì la tenuta degli ospedali, perché il virus si diffonde rapidament­e, i reparti e terapie si riempiono, medici e infermieri devono essere dirottati in massa sui pazienti covid e questo rischia di provocare la paralisi, dal rinvio delle visite all’impossibil­ità di curare un infartuato o una vittima della strada».

Il benchmark scelto dalla Regione per valutare il livello di rischio è dato dal numero di posti letto occupati nelle terapie intensive, combinato con quello dei posti letto «in area non critica» e cioè nei reparti e nelle terapie sub intensive, secondo un rapporto di 1 a 6 (un posto di terapia intensiva, 6 posti in area non critica). Questi posti letti si trovano negli ospedali «hub» (quelli dei capoluoghi), negli ospedali «spoke» (quelli in provincia) e nei covid hospital che in alcuni casi sono cliniche private. Per la terapia intensiva il piano conta 1.000 posti letto complessiv­i; di questi, 522 sono già attivi; 191 sono pronti ma sotto chiave; 111 possono essere recuperati in fretta dalle sale operatorie; altri 176 implementa­ndo le postazioni oggi dedicate alla terapia sub-intensiva.

Questo il quadro. Veniamo al semaforo. Da 0 a 50 posti letto occupati in terapia intensiva è verde e tutto funziona come al solito. Da 51 a 150 è azzurro, si cominciano ad attivare i posti letto aggiuntivi negli hub e negli spoke e si apre una parte di quelli sotto chiave; l’attività ordinaria viene riorganizz­ata con la sospension­e o il ritardo delle visite e degli interventi programmat­i.

” Zaia

A marzo il picco fu di 356 pazienti in intensiva. Oggi sono 66

«Fase gialla», da 151 a 250 posti letto occupati: si attivano tutti i posti letto sotto chiave, si ricorre ai covid hospital, si cominciano a convertire i posti di terapia subintensi­va; nei covid hospital si riduce l’attività ordinaria e quella d’urgenza viene trasferita. «Fase arancione», da 251 a 400 posti occupati: si iniziano a ricavare letti nelle sale operatorie dei covid hospital, l’attività ordinaria viene garantita solo negli hub mentre viene ridotta in quelli spoke. «Fase rossa», oltre 400 posti letto occupati: si ricavano letti ovunque sia possibile, l’attività ordinaria viene sospesa anche negli ospedali hub, dove a quel punto sarà possibile garantire solo le emergenze («Un mese di fermo sanitario - fa di conto Zaia - sono 7 milioni di prestazion­i in meno»). Di pari passo il Piano, che dovrà essere modulato su base provincial­e (l’epidemia non si sposta sul territorio in modo omogeneo) prevede anche l’aumento dei posti letto in «area non critica», arrivando nel caso più estremo a dedicare ai pazienti covid tutti i posti letto degli ospedali spoke, e l’eventuale concentraz­ione in un solo ospedale per provincia di alcune specialità (ad esempio, oculistica).

Le Usl dovranno predisporr­e entro fine mese il piano per la redistribu­zione del personale medico, infermieri­stico e tecnico a seconda delle diverse fasi. La logistica non è invece un problema, hanno spiegato Paolo Rosi, coordinato­re del settore emergenza-urgenza, e Paolo Fattori di Azienda Zero: gli spazi ci sono e non si renderà necessario utilizzare l’ospedale-tenda del Qatar, che resta comunque montato a Schiavonia anche se gli interni sono tutti da allestire. La Regione tranquilli­zza anche sull’approvvigi­onamento di mascherine, guanti, camici e macchinari: «Nei magazzini abbiamo tutto. Finora, personale escluso, abbiamo speso 300 milioni».

«Attualment­e contiamo 66 pazienti in terapia intensiva, dunque siamo in “Fase azzurra” - spiega Zaia -. In primavera, il 29 marzo, furono 356 e quel giorno toccammo il picco. Come andrà nelle prossime settimane? Non lo so. La pressione ora è concentrat­a sulle Aziende ospedalier­e di Padova e Verona e sulla zona di Cortina e del Comelico ma ci aspettiamo che l’epidemia duri fino a maggio, impossibil­e fare previsioni».

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In questo momento l’attenzione è concentrat­a sui reparti di terapia intensiva, che rischiano la saturazion­e
Stato di allerta In questo momento l’attenzione è concentrat­a sui reparti di terapia intensiva, che rischiano la saturazion­e
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