Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Rivolta, il blitz della Digos per l’incursione alla raffineria
Accorrono ambientalisti e attivisti: la lotta climatica non si ferma
Sequestrati vernici, striscioni e la lista dei partecipanti al raduno «Venice Climate Camp». Messaggi di solidarietà al centro sociale.
Nella nebbia che nel primo mattino di ieri avvolgeva Marghera si sono materializzati otto mezzi blindati di polizia, carabinieri e guardia di finanza, carichi di uomini. Con diverse pattuglie. hanno circondato l’ingresso del centro sociale Rivolta. Poi gli agenti sono entrati in azione. È iniziata così una perquisizione di tre ore, legata all’inchiesta sugli ambientalisti della rete «Rise Up 4 Climate Justice» che lo scorso 12 settembre avevano fatto irruzione negli stabilimenti della bioraffineria Eni di Marghera, forzando uno degli ingressi. Le ipotesi di reato sarebbero di arbitraria invasione e occupazione di aziende industriali e attentato a impianti di pubblica utilità. Identificati circa 40 partecipanti all’incursione, una decina gli indagati.
Il blitz della polizia ha avuto luogo prima delle sette: nel centro sociale non c’era nessuno. Qualche ora dopo quasi un centinaio di attivisti del Rivolta si sono radunati a pochi metri dal cordone delle forze dell’ordine, assieme a membri del movimento Fridays for Future, dal Veneziano e da altre città del Veneto. Gli agenti della Digos se ne sono andati alle 11, sequestrando striscioni, vernice, maschere antigas, ma anche la lista con i dati di tracciamento dei circa duecento partecipanti al raduno ambientalista «Venice Climate Camp», tenutosi al Rivolta dall’8 al 12 settembre scorsi, con attivisti da tutta Europa.
Un gruppo di loro aveva prima bloccato l’accesso all’impianto di incenerimento Veritas di Fusina il 10 settembre, mentre il 12 si erano introdotti alla bioraffineria Eni di Porto Marghera, suscitando l’ira di Prefettura, Confindustria e sindacati, oltre alla risposta legale di Eni. «Si tratta di una normale operazione di polizia giudiziaria, come ordinato dalla procura», ha tagliato corto il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto. «Vi erano già numerose prove di responsabilità riguardo la protesta allo stabilimento Eni, ne sono state trovate altre a conferma». Gli attivisti dei centri sociali avevano subito rivendicato quella giornata di agitazione. «Chi è rimasto stupito dallo schieramento di uomini e mezzi può stare tranquillo - ha spiegato ancora il prefetto - non ci sono stati problemi o tensioni, semplicemente il complesso del Rivolta è molto vasto e per perquisirlo tutto in poche ore c’è bisogno di tanto personale».
Tutt’altra la lettura dei membri del Rivolta: «È una risposta politica al messaggio che abbiamo dato sulla crisi climatica, sull’inceneritore di Fusina e sui combustibili fossili», ha accusato Michele Valentini del centro sociale, lamentando danni alle porte di ingresso. «Sono Eni e Confindustria che hanno criminalizzato manifestazioni pacifiche, gestite con le nostre facce».
Una seconda perquisizione è avvenuta ieri nei vicini locali della ditta di Tommaso Cacciari, leader dei centri sociali veneziani, cui sono stati sequestrati un pc e imbragature per il lavoro in altezza. «Solo un segnale per farci paura», ha aggiunto Cacciari. «Il movimento “Rise Up” nato al Venice Climate Camp fa paura perché riesce a mobilitare migliaia di persone in tutta Italia». Già ieri l’attenzione era alta: diversi agenti erano schierati in aree «sensibili» per esempio al tribunale di Venezia - per prevenire possibili proteste in risposta alla perquisizione. Che peraltro sono state annunciate, ad esempio, davanti ad alcuni Negozi Eni, come è avvenuto ieri pomeriggio a Vicenza. «Queste operazioni non ci spaventano - ha dichiarato Cacciari - ma faranno aumentare la mobilitazione».
Messaggi di solidarietà al centro sociale sono arrivate da più parti. A partire dall’ex leader No Global Luca Casarini che ha parlato di «rappresaglia» contro uno spazio in cui «ci si organizza per manifestare contro la devastazione ambientale dell’Eni». Per Gianfranco Bettin «non si vedevano da decenni, qui, scene come quelle di stamattina, talmente sproporzionate rispetto al fatto originante da lasciar pensare a una sovra determinazione politica», ha scritto su Facebook. Supporto anche da Rifondazione Comunista, per bocca del segretario regionale Paolo Benvegnù -«Daremo il nostro contributo a ogni mobilitazione che abbia come obiettivo la difesa dei movimenti di lotta» -, oltre al consigliere comunale di Venezia Giovanni Andrea Martini, della lista «Tutta la città insieme»: «Se è proprio una manifestazione a determinare un’operazione di polizia così importante - ha affermato - non si può non pensare alla sproporzione tra causa ed effetto». Per il presidente della cooperativa veneziana Controvento, Alberto Cazzador, «il Centro Sociale Rivolta è una preziosa voce di dissenso che non va repressa ma ascoltata». Ieri sera sulla facciata del Rivolta è apparso un nuovo striscione: «La lotta climatica non si ferma».
”
Zappalorto
Trovate altre prove della responsabilità della protesta all’Eni