Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I 5 Stelle veneti votano no al Mes «Una Caporetto»
Si erano detti
VENEZIA contrari e tali sono rimasti. Nonostante le preghiere di cambiare idea («Così votate contro Conte, mettete a rischio il governo»), poi tramutatesi in vere e proprie minacce con l’avvicinarsi della votazione («Ve ne assumerete la responsabilità»), i Cinque Stelle veneti sono andati fino in fondo, dicendo no alla riforma del Mes a cui era appesa la sopravvivenza dell’esecutivo sostenuto proprio dal Movimento, oltre che da Pd, LeU e Italia Viva. Va sottolineato, in particolare, il coraggio di Alvise Maniero (foto), che non solo ha votato contro la risoluzione presentata dal premier ma è intervenuto nel dibattito, mettendoci la faccia, con parole inequivocabili: «Non voterò questa risoluzione perché è sbagliata - ha detto rivolgendosi a Conte - perché sovverte l’indirizzo forte, saggio e prudente che il parlamento le ha dato e per un tragico errore, o per altro, lo sostituisce con la sconsolante inadeguatezza di un foglio bianco con scritto: firmi. Una firma che danneggia l’Italia e che appesantirà la spada di Damocle che i Paesi frugali fanno pendere sulla testa dell’Italia. Alcuni partiti l’hanno minacciata apertamente, e hanno minacciato il suo governo, pur di avere questa riforma ma le minacce non accompagnano mai le buone decisioni». Contro ha votato anche Arianna Spessotto mentre Raphael Raduzzi non ha partecipato al voto. «È stata una Caporetto - ha commentato su Facebook quest’ultimo -. Vito Crimi dovrebbe dimettersi immediatamente da un ruolo che non è il suo per un errore così madornale». Assenti giustificate al Senato Barbara Guidolin, Orietta Vanin, pure contrarie alla vigilia. La domanda ora è: che ne sarà dei dissidenti? Pagheranno cara l’insubordinazione, come aveva lasciato presagire Luigi Di Maio? Sembra difficile. Un po’ perché al Senato i numeri sono già risicatissimi e la maggioranza non può permettersi di perdere pezzi. E un po’ perché a leggere statuto e regolamento etico del Movimento ad aver ragione sono proprio loro. Per il M5s delle origini infatti il parlamentare non è «delegato» dai suoi elettori, non ha margine per decidere autonomamente, ma è «portavoce», deve limitarsi a dare corpo in aula al programma votato dalla base. E che cosa c’è scritto nel programma? Lo «smantellamento» del Mes. Dunque come si fa a cacciare uno che ha tenuto fede all’impegno preso al momento di candidarsi?. Si dirà: ma hanno votato contro il governo, rischiando di farlo cadere. Vero, ma non era stata messa la fiducia (non si può sulle risoluzioni), conditio sine qua non
- sempre a norma di regolamento interno per procedere con l’espulsione. Da segnalare, per i veneti, anche l’assenza di Renato Brunetta, che in dissenso da Forza Italia si è rifiutato di votare contro la riforma del Mes, coerentemente con la battaglia condotta fin qui e nonostante i rimbrotti di Berlusconi.