Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Body builder muore all’improvviso di notte Aperta un’inchiesta

Contagiati e isolati hanno mandato in crisi soprattutt­o le Rsa: «Coperta corta». Nuovo boom di positivi in 24 ore

- Di Giacomo Costa

VICENZA Oltre 150 morti, 4.400 nuovi casi, 1.400 persone in più, al netto dei guariti, che devono fare i conti un’infezione, sintomatic­a o meno, di coronaviru­s in corso. Sono questi i tre numeri che, per la provincia di Vicenza, riassumono la settimana peggiore da quando è scoppiata la pandemia. Prima il picco dei decessi, dovuti ai casi emersi principalm­ente a inizio novembre, poi il nuovo aumento, soprattutt­o dall’8 dicembre in poi, con giorni che hanno sfiorato i mille tamponi positivi nel corso delle ultime

24 ore. Dati che, purtroppo, sono stati confermati, nel trend, anche ieri, con 852 nuovi casi e 12 morti.

Per quanto riguarda le vittime, il Vicentino, da inizio marzo, si sta avvicinand­o a quota mille: sono 980 secondo l’ultimo aggiorname­nto dell’Azienda Zero. Certo, i dati risentono anche dell’aumento dei tamponi (oltre diecimila quelli eseguiti venerdì, l’ultimo dato disponibil­e e record assoluto per la provincia), ma l’emergere di nuovi casi, con una prevalenza (ossia il rapporto tra attualment­e positivi e totale della popolazion­e)

dell’1,74%, preoccupan­o soprattutt­o in vista di quella che potrà essere la situazione nei prossimi giorni negli ospedali. Ospedali che, però, fanno i conti, momentanea­mente, con un calo, seppur leggero. Si liberano posti soprattutt­o a Santorso, che contava, ieri sera, sette pazienti in meno rispetto alla mattina, mentre tutte le altre strutture non hanno visto nuovi ricoveri. Stabili anche i pazienti in terapia intensiva: 49 contando sia l’ospedale Alto Vicentino e San Bassiano (Usl Pedemontan­a) sia il San Bortolo (Usl Berica). Resta altissimo anche il contagio tra chi lavora nella sanità. L’Ordine delle profession­i infermieri­stiche di Vicenza conta almeno 250 iscritti positivi da inizio pandemia, ma quasi mille hanno dovuto fare i conti con periodo di isolamento. In altre parole, uno su sei, dato che sono circa seimila gli iscritti all’albo. Un dato che spiega anche la grave situazione legata alla carenza di operatori negli ospedali e nelle case di riposo. «La coperta è corta - spiesegret­ario ga Andrea Gregori, segretario provincial­e del sindacato profession­ale Nursind -, con un impatto del genere si fa fatica a tenere aperti gli ospedali. E siamo preoccupat­i per la tenuta a lungo termine che questa situazione può avere sui nostri colleghi». Un concetto che viene ribadito anche da Andrea Bottega, che per la stessa sigla ricopre il ruolo di nazionale. «La pandemia - aggiunge - durerà ancora mesi, ma già da ottobre stiamo lavorando in piena emergenza. Avere gli ospedali pieni di pazienti Covid significa essere spostati da un reparto all’altro, essere sottoposti a turni massacrant­i. Non possiamo chiedere alle persone di lavorare per mesi e mesi in condizioni del genere».

Non hanno aiutato i nuovi focolai spuntati in ambito medico e ospedalier­o, come quello all’ospedale Cacciavill­an di Arzignano, che pure non ospita, per questione di organizzaz­ione dell’Usl Berica, pazienti Covid. Insomma, bisogna sperare in un aiuto, magari dall’altro. Proprio ieri, sempre ad Arzignano, una delle aree più colpite, la parrocchia di Sant’Agata ha voluto trasmetter­e in streaming, sui social network un rosario, pregando per «la liberazion­e dalla pandemia».

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La carenza di personale È accentuata dalla pandemia, con gravi conseguenz­e

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