Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Rsa, decessi raddoppiati rispetto alla primavera «Variabile lockdown»
VENEZIA «Fragili, delicate, a rischio» le ha definite Francesca Russo, direttore del Dipartimento di prevenzione della Regione anche se, giuridicamente, sono strutture private. Sono le Rsa del Veneto i luoghi che sembrano continuare a pagare il tributo più alto al Covid-19: quasi duemila morti dall’inizio della pandemia. Si sapeva, certo.
Ma a colpire è la scansione temporale. Il 26 maggio si annunciava come un traguardo la riapertura alle visite nelle case di riposo. I mesi di lockdown per gli anziani ospiti sono stati, di fatto, tre. Fino a quella data, però, i decessi registrati nelle Rsa sono stati «solo» 600.
Aggiungiamo un particolare: nelle oltre trecento strutture che accoglievano all’epoca più di 30 mila ospiti e trentamila dipendenti, il virus assassino non è entrato in modo tristemente egualitario.
Durante la prima fase, il contagio fuori controllo si è concentrato «solo» sul 25% delle strutture, dei lazzaretti circoscritti. Il 75% delle case di riposo è rimasto un fortino.
Durante l’estate, poi, la tregua. Ma da ottobre il lugubre pallottoliere ha ricominciato a macinare numeri vertiginosi. Al 10 dicembre i morti sfioravano quota duemila: 1.400 in un paio di mesi contro i 600 dei due mesi di primavera. Di mezzo, va detto, l’intervento pesante della Regione che ha «militarizzato» le residenze imponendo regole molto strette, fino alla realizzazione di spazi separati fra ospiti positivi e non, e arrivando, nei giorni scorsi, a raddoppiare i tamponi rapidi agli operatori: due a settimana.
Come si spiega, allora, un numero di morti più che raddoppiato rispetto ai primi mesi infernali in cui il caos regnava sovrano tanto che le procure indagavano? Per dare una risposta a questa domanda, l’assessore regionale alla Sanità e al Sociale, Manuela Lanzarin, sta mettendo a punto uno studio sulla mortalità, incluse le case di riposo.
«La maggior parte dei morti ha più di 80 anni, - spiega il presidente della Regione, Luca Zaia - e quindi pesano le Rsa. Il piano che abbiamo messo a punto per averle in sicurezza è molto aggressivo eppure i morti sono di più. Su marzo e aprile sappiamo, dopo il confronto con gli stessi mesi dell’anno prima, che il tasso di mortalità si è alzato anche del 32%. E sappiamo che allora il virus si concentrava su un quarto delle strutture, ora, invece, è più strisciante e diffuso. La variabile sui due periodi è il lockdown. In primavera operatori e amministrativi che, unici, entravano nelle strutture dall’esterno, vivevano per il resto il lockdown. Oggi, invece, dall’esterno si porta all’interno delle strutture una vita con meno vincoli in cui il virus è più latente».
Inevitabile, a questo punto, l’appello del presidente ai cittadini, ai figli, nipoti e pronipoti degli anziani della comunità ospiti delle Rsa per tutelarli: «Siamo sotto pressione, lo sono gli ospedali, ricordo che il Dpcm in vigore è stringente, oltre che sul coprifuoco, anche sul corretto e perenne uso della mascherina fuori casa. E anche in casa se si è a contatto anche con familiari non conviventi». I numeri invitano a un rigoroso senso di responsabilità: sul totale regionale di 322 residenze, 28.714 ospiti, di 3.662 positivi di cui 160 ricoverati e
1.968 deceduti. La percentuale dei positivi supera il 12%. Gli operatori si fermano al
3,7% di positività ma restano un vettore di ingresso pericoloso nelle strutture. Su 34.790 operatori, 1.291 sono positivi. Ma è anche vero che rispetto alla prima ondata, iricoveri degli anziani per Covid hanno registrato una flessione del 3-4%.