Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I giovani nell’era del Covid divisi fra la paura di fallire e il valore della famiglia
Indagine sul rapporto con se stessi e con il futuro
Tremila studenti vicentini si scattano un selfie sociologico. E la fotografia che ne esce è una separazione quasi chirurgica, una dicotomia tra coloro che ammettono di avere dei progetti che realizzeranno con le proprie forze (il 44,2%) e coloro che hanno paura di fallire (41,8). Certo, ci sono anche percentuali marginali: il 6,5% dice che avrà bisogno di aiuto e il 7,5 si sente già oggi sicuro. Tant’è.
Questa la punta dell’iceberg del primo test campione si un progetto promosso da Beate Vivo Farm di viale dell’Industria. Quest’azienda nata come start up e che genera progetti che «mettono al centro lo sviluppo e la cura delle relazioni a cominciare dalla più importante», ha coinvolto alunni di quarta dei licei economicosociali del Fogazzaro, del Quadri, e di terza del Brocchi di Bassano. Il titolo del report è già di per sé una chiave di lettura, «Le relazioni con il futuro attraverso gli occhi dei giovani» e, come era facile immaginare, l’onda lunga di due anni di pandemi a s embr a influire nelle percezioni condizionandone i risultati. Coadiuvati da alcuni professionisti, tra gli altri Luca Romano di Local area network, gli studenti hanno redatto un questionario che hanno poi sottoposto non solo ai compagni di scuola ma allargato anche all’Enaip di Vicenza, al Marzotto-Luzzati di Valdagno e al centro professionale di Trissino Fondazione Casa della Gioventù.
E se a vedere il genere gran parte degli intervistati sono donne per il 59,2%, con un 1,6 che si dichiara di altro genere, e il 39,2 maschi, a vedere l’anagrafica la forbice va dai 14 ai 19 anni. Il perno intorno al quale ruota il report sono le relazioni declinate nei molteplici aspetti della quotidianità. Anche nel rapporto con se stessi. Significativo, in questo senso, che il 23,2% e il 45,5 dichiarino di sentirsi rispettivamente «Molto» e «Abbastanza» in dovere di perseguire uno standard di bellezza. Contestualmente se il 45% descrive «neutro» il suo rapporto con il cibo a fronte di un 15,7 che lo definisce «malato». Tanto che il 68,2 dice di mangiare di nascosto e il 54% ammette che il peso influisce nel modo in cui si sente.
Sovrapponendo poi due quesiti e le relative percentuali di risposta («Riesci a comunicare apertamente con la tua famiglia?» e «Quanto riesci a relazionarti con gli altri?») appare ancora significativo, ma non in via esclusiva, il ruolo della famiglia come nucleo per sviluppare la capacità di relazionarsi con gli altri. Al primo quesito infatti, il 69,9% rientra nella fascia « Molto » ( 23,9) e « Abbastanza » (46,6), nel secondo l’80% viaggia nella fascia «Molto» (21,1) e «Abbastanza» (59,5). Un dato non di poco conto soprattutto se pesato alla luce di altri due che si connettono sia alle dinamiche dei nativi digitali sia al rapporto con i familiari in prima battuta e con gli insegnanti in seconda. Se infatti il 74,9% degli ha infatti ammesso che i social aiutano « in qualche modo» a creare nuove relazioni, il 15,2 dichiara di essere stato vittima di cyberbullismo. In questo caso poco meno della metà, il 49,5% dice di « non avere fatto nulla » mentre solo il 21,4% si è rivolto ai genitori. Il 16,8 ne ha parlato con un amico e solo il 4,6 % si è confidato con un insegnante.
Ricerca Sono stati coinvolti tremila studenti delle superiori di tutta la provincia