Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Siamo i beneficiari di una rivoluzione: la qualità della vita»
Il geriatra Grezzana: «Bisogna allenare il cervello, funziona se lo apri. Vivere da soli? Meglio che in casa di riposo»
VERONA Un compleanno in più non va vissuto come una tragedia: la vita non finisce a novant’anni, e in tanti riescono a godersela anche oltre la fatidica soglia dei cento. «Mettiamo da parte l’approccio catastrofico, l’immagine che si aveva dell’anziano fino a vent’anni fa. Oggi sono persone autonome, indipendenti e in forma – risponde il professor Luigi Grezzana, già geriatra dell’ospedale di Borgo Trento e direttore del corso superiore di Geriatria a Verona -. Il sessantenne di oggi è il quarantenne di ieri, e lo stesso vale per l’8090enne. Grazie a una migliore qualità della vita generale, assistiamo a una rivoluzione incredibile. Se ne sorprende solo chi non vede ciò che sta accadendo e che diventerà regola. Anzi lo è già».
Professore, ci sono molti novantenni in buona salute?
«Anche ottima. Hanno imparato tanto da loro stessi, e noi che li curiamo abbiamo imparato tanto da loro. Quando si tengono allenati, nel corpo e nella mente, possono affrontare tutte le difficoltà. Non devono smettere di essere curiosi, di voler imparare, di leggere. E devono capire l’opportunità che hanno: vivere bene, molto meglio di quanto si pensava trent’anni fa».
Quindi è più una questione di testa, che di corpo?
«Il cervello è come il paracadute. Funziona se lo apri, ma bisogna volerlo aprire. Chi cerca stimoli e si apre al mondo è più in salute, non sarà qualche acciacco a fermarli. È giusto continuare a vivere la propria vita, come la signora che ha rifatto la patente a cento anni. Brava».
L’età media si è allungata, certo. Ma il corpo ha bisogno di sempre più cure. Che qualità della vita c’è a 90 anni?
«Un novantenne oggi non si può paragonare con quello di vent’anni fa. Si studia di più, si mangia meglio, ci sono più benessere e servizi. La tecnologia ha fatto il resto: macchine che alleggeriscono il lavoro , conquiste della medicina e della scienza. Sono stati fatti passi enormi: una volta era impensabile un trapianto di rene sopra i 40 anni, ora è normale sopra i 70. La disabilità avanza, ma un anziano non è un disabile o un demente. E bisogna che ognuno faccia la propria parte, mangiando meno, sconfiggendo la pigrizia».
Il fisico però diventa sempre più fragile. Cosa consiglia di fare?
«Non si deve lasciare spazio all’invecchiamento cognitivo. È quando mancano gli stimoli che la degenerazione diventa irreparabile. Tenersi allenati sempre, nella testa e nel fisico, vincendo la pigrizia. La fatica fa male, il movimento fa bene. Io ho ottant’anni e detengo il record di chilometri percorsi con la mia moto Bmw».
Gli over 80 sono i principali pazienti dei medici di base, sia per presenze che per patologie.
«Hanno più problemi, ma li possono superare. E la casa di riposo non è la soluzione. L’anziano vive nel suo piccolo mondo, la sala, il bar, il borgo. È questa la sua vita. Togliendolo dalla sua casa perde gli amori della sua vita, come mutilato. Nelle case di riposo dovrebbe andare unicamente chi è solo, demente e povero. Gli altri devono restare nella propria casa».
Tanti anziani vivono soli, in difficoltà dal punto di vista sanitario e sociale.
«Cominciamo col distinguere gli anziani che vivono soli e quelli che sono abbandonati. Da soli si sta bene. Ma questo non significa isolare. Un anziano soffre quando capisce che della sua vita non interessa niente a nessuno. E su questo, purtroppo, c’è molto da fare». (s.ma.)