Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uccide l’ex moglie, la compagna e si spara
Nella fuga ha lanciato granate dall’auto, sì è poi fermato in tangenziale e si è tolto la vita
Ha ucciso l’ex moglie con sei colpi di pistola e l’ha investita con l’auto per assicurarsi fosse morta. La fuga con la compagna è finita nel pomeriggio: il giorno di follia di Zlatan Vasiljevic, 42 anni, è finito in tangenziale quando ha deciso di uccidere anche la compagna e suicidarsi. L’auto era imbottita di esplosivo.
Ieri mattina Zlatan Vasiljevic, un disoccupato bosniaco di 42 anni, ha indossato dei pantaloni eleganti, la camicia bianca e una giacca scura. E conciato così, come un uomo d’affari, è andato ad ammazzare la sua ex moglie, ha ucciso l’attuale fidanzata, ha lanciato granate verso l’autostrada per poi infilarsi la canna della pistola in bocca e togliersi la vita.
L’uomo aveva pianificato tutto. Intorno alle 9 è salito in auto assieme a Gabriela Serrano, la nuova compagna, una trentaseienne venezuelana che abita a Rubano (Padova). Nel bagagliaio aveva infilato due valige con all’interno scarpe, abiti, asciugamani e tutto quello che pensava potesse servire a un’improbabile fuga. La coppia ha raggiunto la Gogna, quartiere residenziale immerso tra i boschi intorno a Monte Berico. È una zona vip di Vicenza, dove abitano imprenditori ed ex calciatori come Federico Crovari e Stefan Schwoch, e dove la sua ex mopia glie andava a lavorare come domestica in una villa. Era lei che cercava. E quando l’ha vista scendere dall’auto, è scattato l’agguato: le ha sparato in mezzo alla strada, almeno sette colpi di una calibro 22 rimediata chissà come. «Il rumore è stato forte e non abbiamo subito capito cosa fosse successo» racconta una residente. Diversi proiettili hanno raggiunto il corpo della donna, altri sono finiti chissà dove, uno si è conficcato nella carrozzeria di una vettura in sosta.
La vittima è Lidija Miljkovic, quarantaduenne di origini serbe che Vasiljevic aveva sposato nel 2005 e con la quale aveva convissuto fino a pochi anni fa, quando lei, stanca delle botte e dei maltrattamenti, aveva finalmente trovato il coraggio di andarsene e denunciarlo. Stando a quanto emerso, proprio ieri la donna aveva appuntamento con l’ex marito, nel pomeriggio, per definire il rogito di una proprietà: era l’ennesimo capitolo della battaglia legale che li divideva, scatenata dalle minacce e dalle aggressioni che Lidija era stata costretta a subire da quel marito violento, che era stato arrestato ma era tornato in libertà provvisoria anche per aver concluso un percorso di teradi in una struttura di Bassano che si occupa proprio di maschi maltrattanti. All’apparenza, Vasiljevic aveva avviato un percorso che l’aveva portato a comprendere i suoi errori e a prendere consapevolezza della propria aggressività. In realtà non era cambiato affatto.
Dopo l’omicidio, l’uomo - con la Serrano che potrebbe aver assistito alla scena seduta sul sedile posteriore - è ripartito in auto per iniziare la fuga che doveva portarlo lontano, al sicuro, e che invece è durata poco più di un’ora. Alle loro spalle, restava il corpo di Lidia agonizzante sull’asfalto. «Ero appena tornato a casa - racconta un testimone - e ho trovato mia moglie terrorizzata, diceva che qualcuno aveva appena sparato. Ho percorso tutta la strada e quando ho girato la curva ho visto il corpo sull’asfalto, c’era sangue ovunque...».
Mentre scattava una gigantesca caccia all’uomo - con l’elicottero a perlustrare dall’alto e decine di poliziotti impegnati a battere palmo a palmo i boschi intorno e le strade che portano fuori città - Vasiljevic era lontano appena qualche chilometro. Quel che è accaduto in seguito, non è chiaro. Di certo c’è che a metà pome r i g g i o la polizia ha individuato l’auto in una piazzola di sosta lungo la tangenziale che da Vicenza Ovest porta a Torri di Quartesolo: sul sedile posteriore i cadaveri della
coppia. L’odore dei corpi sotto il sole si sentiva a decine di metri di distanza. L’ipotesi più probabile è che il bosniaco abbia capito che il suo piano di fuga non poteva funzionare, si sentiva braccato e per questo, quando era trascorsa poco più di un’ora dall’omicidio dell’ex moglie, ha fermato la vettura ed è sceso. A quel punto, ha fatto qualcosa di assurdo e pericolosissimo: ha lanciato due piccole granate di fabbricazione slava verso l’autostrada A4 che scorre proprio accanto alla tangenziale, forse per provocare una strage o perché era ormai fuori controllo. Per miracolo, nessuno s’è fatto male, anche se le schegge hanno investito una vettura di passaggio con il conducente che ha capito solo diverse ore dopo di aver impattato contro un ordigno.
Gabriela Serrano è stata ammazzata con un colpo alla nuca, e gli investigatori non escludono che il fidanzato possa averle sparato ben prima di fermarsi sul ciglio della strada. L’uomo s’è seduto accanto a lei e si è ucciso: aveva ancora la pistola in mano con il colpo in canna. E con sé teneva anche una seconda arma da fuoco. In tangenziale sono arrivati gli artificieri per il timore che l’auto potesse essere imbottita di esplosivo, visto che dall’abitacolo si notava la spoletta di una granat.
La caccia al killer s’è conclusa così, con la morte dell’uomo che per tutto il giorno s’era lasciato dietro una scia di sangue. Resta la rabbia. «I problemi con l’ex marito erano noti a tanti, eravamo tutti molto preoccupati per lei» racconta Benedetto Mondello, che è il titolare dell’impresa di pulizie per la quale Lidija lavorava ma è anche il fratello di Daniele, il vicentino di cui la vittima si era innamorata e con il quale stava progettando un futuro insieme. «Mi stupisco degli assistenti sociali e di qualche giudice. Com’è possibile che quell’uomo abbia continuato a tormentarla?».