Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Da Boldrini a Stefani: «Norme più severe va inasprita la legge»
VENEZIA Il «Codice rosso», pacchetto di misure contro violenza domestica e di genere, doveva servire a contrastare la tragedia senza fine dei femminicidi. Il film dell’orrore di ieri, a Vicenza, però, conferma che neppure i severi inasprimenti varati nel 2019 sono bastati. Un fronte bipartisan delle parlamentari venete chiede che quella legge sia cambiata rendendo più duro il regime carcerario per i colpevoli ma anche, e soprattutto, facendo applicare quelle ordinanze restrittive che dovrebbero scongiurare il peggio. Un tema di cui il parlamento sta già discutendo, lo ricorda la deputata del M5s Francesca Businarolo: «Si è votata recentemente una mozione. Chiaramente servono correttivi al codice rosso: la fase punitiva va inasprita, per chi ammazza il coniuge deve scattare l’indegnità, cioè l’impossibilità di ereditarne i beni ma, soprattutto, va eliminata la possibilità di godere di sconti di pena e permessi per buona condotta. Certo, poi c’è la questione culturale che deve tradursi in prevenzione a partire dalla scuola e in formazione alle forze dell’ordine».
Insiste sulla necessità di vigilare sull’applicazione delle misure restrittive l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «È necessaria che la misura restrittiva, e quindi preventiva, sia messa in atto punt u a l m e n t e . L e leggi funzionano se tutti contribuiscono. Serve uno sforzo collegiale degli organi dello Stato perché troppo spesso si sottovalutano i segnali della violenza. Invece, se un magistrato dispone certe misure cautelari devono essere applicate. Negli anni abbiamo cercato di agire su più livelli introducendo nuovi istituti e inasprendo le pene ma se ogni 3 giorni una donna viene ammazzata da chi dovrebbe amarla è chiaro che le leggi non bastano. Dobbiamo fare molto di più anche dal punto di vista della prevenzione e dell’aspetto culturale. Ai delitti si arriva partendo dalla dipendenza economica e dallo svilimento della donna».
Un’altra donna di centrosinistra, la dem Alessia Rotta alza l’asticella: «Il codice rosso non basta, occorre fare un ulteriore passo su norme insufficienti. Non ha colmato i vuoti normativi e di tutela ancora presenti nel nostro ordinamento». E poi, nuovamente, la radice del problema che Rotta riassume così: «È un fenomeno strutturale, che affonda le sue radici in una profonda e persistente disparità di potere tra uomini e donne e in una organizzazione patriarcale della società. Per questo è sbagliato continuare a parlare di emergenza». Non ha dubbi, infine, la ministra vicentina Erika Stefani che di mestiere fa l’avvocato: «È ovvio che la legge dovrà essere rafforzata: norme severe, pene certe, organici di polizia adeguati e lavoro sugli “anticorpi sociali” per cogliere i campanelli d’allarme. Solo così si potrà iniziare a
"Erika Stefani
Alle donne dico: trovate il coraggio, denunciate sempre
combattere questo orrore. Infine, ma non per importanza, alle donne che tacciono anche un solo schiaffo, e ne conosco troppe, dico: denunciate. Tutte devono avere il coraggio di alzare la testa e sporgere denuncia».
E la senatrice Roberta Toffanin, FI, riassume: «Il codice rosso è servito a smuovere le coscienze, ma all’atto pratico ha manifestato tutte le sue lacune. Quando una donna denuncia deve avere immediatamente le garanzie di massima tutela da parte dello Stato. Il divieto di avvicinamento, se violato, dovrebbe far scattare con immediatezza provvedimenti ancora più restrittivi».