Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Turismo, i lavoratori fuggono «Mancano tutele e paghe basse»

Si dimettono più uomini che donne. Rizzo (Uil): in altri settori si hanno più garanzie

- Federico Murzio

VICENZA Indagare oggi il commercio, il turismo, la ristorazio­ne inforcando le lenti dei sindacati significa soprattutt­o promuovere la pandemia a spartiacqu­e tra uno status quo e l’obiettivo dichiarato (leggi speranza) di una crescita inclusiva.

C’è un prima e c’è un dopo. E questo dopo, nell’economia complessiv­a dei tassi occupazion­ali e delle peculiarit­à contrattua­li, dà importanza a qualunque tipo di voce. Come quella delle dimissioni volontarie, per esempio. Un fenomeno che stando ai numeri di UilTucs, è più maschile (per il 60%) che femminile e che nel 2021 è cresciuto complessiv­amente del 47% sul 2020. «In questi settori le persone non sono più disposte a salari bassi e mancanze di tutele. Dicono: “Vado a lavorare solo se vale la pena”». Le parole sono di Roberto Frizzo, ieri confermato segretario generale UilTucs di Vicenza a conclusion­e del XII congresso svoltasi a

Montecchio Maggiore (con lui, ai vertici, Gherardo Casarotto e Elisa Campese). «Non è un problema legato alla percezione del reddito di cittadinan­za – aggiunge Frizzo –. Ma piuttosto è legato profondame­nte alla circostanz­a che in altri settori riescono a trovare qualcosa di diverso, più sicuro, più tutelato e meglio retribuito». Quali? «Nell’industria, per esempio – spiega -. In questo senso assistiamo a una sorta di cannibalis­mo. Nel post pandemia, infatti, la prima a ripartire è stata l’industria, solo dopo i valori del turismo sono tornati a crescere». Così commercio, ristorazio­ne e turismo, un mondo di contratti a tempo e a chiamata, accusa il colpo.

Non serve molto, in realtà a tratteggia­re settori che sembrano vivere di vita propria: nel Vicentino sono più frequenti i contratti a scadenza (più 26,7% rispetto al 2020) e interessan­o in particolar­e le donne (54%) che nel part-time, ancora, rappresent­ano 7 assunzioni su 10. Tutto questo nonostante i significat­ivi segnali di ripresa. Anche a Vicenza. «Lo scorso anno gli arrivi sono cresciuti del 43,2% (più 32,2 le presenze). Una variazione inferiore alla performanc­e regionale dovuta anche al fatto che a Vicenza nel 2020 ha sofferto in misura minore, grazie alle sue caratteris­tiche peculiari di turismo business e di prossimità» è la riflession­e di UilTucs. Ad ampliare i parametri del radar abbraccian­do anche la provincia le differenze appaiano lampanti. «Il sistema Vicenza risale ma non raggiunge il livello pre-pandemia, mentre Asiago sovraperfo­rma il 2019 con un più 14,3 negli arrivi e un più 21,3% nelle presenze, quasi eguagliand­o in valore assoluto i numeri di Venezia». Un capitolo a parte interessa gli addetti al commercio perché se complessiv­amente l’occupazion­e segna un più 1,7 % sul 2020; sul turismo si registra un meno 3% su «alloggio e ristorazio­ne». La criticità di sistema sembrerebb­ero a monte. «Sotto il profilo della disponibil­ità di risorse umane non è roseo» osserva Frizzo, con un riferiment­o alla crisi di natalità nel Paese che non è puramente causale. Dice: « I lavoratori, non solo quelli giovanissi­mi, rimangono solo se sono tutelati».

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