Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Centri diurni e rincari, lettera in Regione «Rette alle stelle e servizi peggiorati» Ma l’Ipab: non possiamo andare in rosso

- F.M.

VICENZA Plana in Regione l’affaire dell’aumento delle rette per il Centro diurno socio-sanitario di villa Rota Barbieri affidato a Ipark, società controllat­a al 100% da Ipab. L’incremento, da 27,8 euro quotidiani a persona a 43, che avrebbe dovuto entrare in vigore il primo giugno in realtà è stato congelato almeno fino al primo luglio, dopo le proteste dei familiari degli ospiti, che del rialzo sono stati informati il 17 maggio. E dopo un confronto intavolato con i gestori tuttora in corso. Ma tanto è bastato per aprire la partita su più fronti.

Di certo è una lettera dai toni duri quella firmata dal presidente dell’Associazio­ne Veneto malattie di Alzheimer e demenze degenerati­ve Ivano Varo spedita il 7 giugno al governator­e Luca Zaia e all’assessore regionale della Sanità Manuela Lanzarin. Dei contenuti della missiva che oltre all’aumento «denunciano» anche una contestual­e diminuzion­e dei servizi (bagno assistito e trasporto), sono a conoscenza anche a Palazzo Trissino, che nomina i cinque componenti del Cda di Ipab e che finora non ha detto nulla sulla vicenda. E la lettera è conosciuta anche negli uffici dell’Usl 8 e naturalmen­te in quelli dell’ente di contra’ San Pietro. Il perno della questione, infatti, risiede qui. Ossia nei centri diurni per persone non autosuffic­ienti la cui gestione da una quindicina d’anni è in capo a Ipark nell’ambito di un accordo di programma tra Regione, Comune e Ipab; un accordo che raggruppa più servizi e che vede un «vincolo» fino al 2025. E, ricorda ancora Annalisa Bergozza, dg di Ipab, un accordo che fu siglato all’epoca «con la speranza di efficienta­re il servizio e portare al pareggio economico questi centri da sempre in perdita a causa delle loro entrate poco programmab­ili». Bergozza aggiunge: «Anche dopo, per le stesse ragioni, sono rimasti in perdita. Ma per garantirli Ipab li sta finanziand­o a proprie spese da 10 anni, intaccando le risorse dell’ente giacché i centri diurni non hanno entrate sufficient­i a coprirne i costi. Oltretutto la missione di Ipab sono i centri residenzia­li: il che significa che i costi per coprire le perdite dei centri intaccano la genesi dei servizi dell’ente». La spesa per i tre centri diurni da 30 posti (Trento, Bachelet e Rota Barbieri - in foto) ammonta a 150 mila euro l’anno. Il post pandemia – complice anche la mancanza di personale fagocitato dalle Usl – ha visto la riapertura solo di Rota Barbieri: ma solo per 18 persone. Dice Bergozza: «Le tariffe sono ferme dal 2015 e sono fuori mercato. Altrove sono tutte sopra i 40 euro. In più abbiamo un piano di risanament­o approvato dalla Regione e la stessa ci ha avvertito non possiamo avere centri di costo in perdita. In altre parole l’incremento serve solo per coprire le spese vive». C’è poi l’altra faccia della medaglia che sposa malamente le ragioni dell’economia con quelle del consenso e della politica, nell’accezione più ampia del termine. «È dal 2019 che poniamo la necessità di un adeguament­o progressiv­o delle tariffe. Da allora ogni anno il Cda propone un incremento minimo che però non è mai stato accettato nè applicato» afferma la dg. Così, dopo tre anni di interlocuz­ioni, è passata la linea o si chiudono i centri o si adeguano le rette.

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