Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I sindacati: case di riposo senza operatori e infermieri

L’allarme della Cgil: «La carenza di personale costringe a chiudere i reparti già piegati dalla pandemia»

- Federico Murzio

"Miglioranz­a e Bagnara Molte strutture per anziani sono solo formalment­e pubbliche perché sono affidate interament­e a coop

VICENZA Carenza di personale infermieri­stico e socio-sanitario che già ora costringer­e a chiudere dei reparti. Una linea di demarcazio­ne fin troppo sottile tra pubblico e privato, con quest’ultimo che vanta agevolazio­ni fiscali che il primo non ha. Un sistema regionale sui centri residenzia­li per anziani fermo agli anni Ottanta. Con, sullo sfondo, un tasso di invecchiam­ento che costringer­ebbe a politiche sociali e socio-sanitarie diverse rispetto alle attuali. Il condiziona­le, in questi casi, è d’obbligo perché l’allarme lanciato dalla Cgil su queste strutture denuncia un atteggiame­nto in senso cont rar io. I numeri e le riflession­i offerte da Giulia Miglioranz­a e Stefano Bagnara, rispettiva­mente segretario vicentino e regionale di Funzione pubblica Cgil, tratteggia­no un paesaggio nel quale, ricordano «la pandemia ha aggravato problemi già esistenti».

Una prima sintesi afferma che nel Vicentino, oggi, mancano almeno 200 infermieri in case di riposo e centri residenzia­li. Un numero che va considerat­o alla luce delle 38 strutture nell’Usl 8 Berica (il 66% delle quali pubbliche) e delle 34 nell’Usl 7 (il 56% pubbliche). «E anche sul termine “pubblico” dobbiamo intenderci – spiegano – perché uno dei temi dirimenti è quello delle esternaliz­zazioni di reparti da parte delle strutture. Anzi, ci sono casi in cui la struttura è solo formalment­e pubblica perché tutti i reparti sono affidati alle cooperativ­e». I riflettori si accendono sul personale, capitolo che investe retribuzio­ni e tutele. «Da un lato c’è una crescita di coloro che scelgono la libera profession­e – afferma Miglioranz­a – e dall’altro c’è una migrazione da queste strutture alle Usl, vuoi perché gli stipendi sono migliori, vuoi perché i carichi di lavoro sono diversi». Dice la sindacalis­ta: «A Valdagno o ad Arzignano per esempio, bandi di assunzioni vanno deserti nonostante i gestori delle strutture propongono un livello contrattua­le di partenza più convenient­e». Intendiamo­ci: nel capitolo «personale» non rientrano solo gli infermieri ma anche gli operatori socio-sanitari. «Sui quali, a differenza dei primi non c’è, tra le molte criticità, anche il perno della formazione. Ma osserviamo una lenta disaffezio­ne nei confronti della profession­e». Stando ai sindacalis­ti è necessario un cambio di marcia a monte che non si traduca in misure «cosmetiche». «L’impression­e – afferma Bagnara – è che la Regione non stia governando la situazione. Prendiamo gli operatori socio-sanitari. C’è una delibera, già bocciata una volta dal Tar, che di fatto trasforma gli stessi in “mini infermieri” » . Parole che introducon­o quella che per Fp Cgil rimane la questione principe. «C’è una carenza complessiv­a di programmaz­ione – continua Bagnara –. E nell’ambito di questa carenza c’è la mancata riforma regionale. Solo il Veneto e la Sicilia, finora non l’hanno realizzata. A ogni inizio legislatur­a si presenta un progetto che poi non ha seguito». Un vuoto, per inciso, sul quale il consiglier­e comunale Giovanni Rolando (Pd) ha più volte puntato il dito a Palazzo Trissino.

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Le residenze per anziani e i centri diurni affrontano mille difficoltà anche di organico
( foto archivio) Assistenza Le residenze per anziani e i centri diurni affrontano mille difficoltà anche di organico

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