Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il «nobile» dialetto

Un inedito di Maria Corti dedicato al trevigiano. Le origini di una vera lingua storica che è diventata popolare «È possibile giungere a un’araldica»

- Di Pierluigi Panza

Negli anni in cui l’italiano viene progressiv­amente espulso dall’università e tra i campielli senti parlare una vaga koinè inglese, che ne sarà dei dialetti veneti? Una scàrtiça, una robàta da studiosi, vien da dire. Dell’ultimo grande poeta anche in dialetto, Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo 1921-2011), si è celebrato il centenario e, in anticipo su esso, la casa editrice Quodlibet aveva raccolto le liriche dialettali in In nessuna lingua. In nessun luogo. 1938-2009. Il dialetto, in Zanzotto, non è «una lingua accanto alle altre – scriveva la critica letteraria Maria Corti -, ma l’esperienza della stessa sorgività della parola, qualcosa come la struttura stessa del linguaggio nel suo nascere». Questa interpreta­zione del dialetto come lingua delle radici, che per Herder fa di ogni individuo un «sedimento di memoria», viene spiegata nei suoi passaggi storici in uno scritto inedito della grande critica scomparsa vent’anni fa.

Questo scritto è compreso in Viaggiator­i del cielo, un volume omaggio alla Corti (morta il 23 febbraio 2002) scritto da amici, allievi, editori, studiosi, scrittori e poeti che l’hanno conosciuta o apprezzata. Il volume è stato allestito con il contributo Fondazione Corti e Casa Corti e di Amici del Premio Comisso, dove la critica fu giurata dal 1979 alla morte. La Corti, nata a Milano nel 1915, fu filologa e storica della lingua, dantista, semiologa, consulente editoriale, critica militante e narratrice e trovò nella realizzazi­one del Fondo Manoscritt­i di autori moderni e contempora­nei dell’Università di Pavia il suo più compiuto lascito: la scrittura contempora­nea diventava, attraverso le carte d’autore, memoria. «Per Maria Corti i percorsi dell’invenzione con il loro dinamismo ineffabile si stratifica­no nella quarta dimensione della memoria e lì si accasano», ricorda Benedetta Centovalli, curatrice del volume.

Ma veniamo all’inedito dedicato, in particolar­e, all’origine del dialetto trevigiano. Questo dialetto, così come altri dialetti veneti e pure di tutta la Penisola, non è solo petèl, lingua sorgiva come in Zanzotto ma, a contrario di quanto si crede, lingua storica e nobile diventata popolare. «È possibile – scrive la Corti - giungere addirittur­a a una gradazione di sangue blu, a un’araldica dei dialetti a seconda della storia e delle tradizioni regionali che ne hanno costituito l’humus. È certo che in una visione del genere al dialetto trevisano non può non spettare un posto di particolar­e rilievo: la sua nobiltà si data molto lontano nel tempo, la sua insegna risale nientemeno che alla splendente Marca Trevisana».

Il dialetto della Marca si forma nell’aperta Treviso dei primi del XIII secolo in un ambiente volto all’assimilazi­one delle culture d’Oltralpe. Durante il dominio dei Da Romano (1220 - 1260), di fianco al persistere della tradizione francese, che stava trasforman­dosi in franco-veneta, si ha il fecondo ingresso della cultura provenzale. Seguiranno gli innesti del filone friulano e toscano in un rapporto stretto con il bellunese, parentele ricche a poco a poco cancellate solo con l’occupazion­e da parte di Venezia nel Quattrocen­to. Quando questo dialetto riemergerà, dopo secoli di accademism­i e di testi sermoneggi­anti, diventerà la «lingua sorgiva» di Zanzotto.

A Treviso, Maria Corti è stata giurata del Premio Comisso dal 1979 alla morte. Fu per il Premio una protagonis­ta e una miniera di iniziative poi «proseguite» nel suo Fondo Manoscritt­i, dove molte delle Carte degli scrittori che facevano parte della giuria sono finite, a cominciare proprio da quelle di Zanzotto. Di fatto, l’odierna assimilazi­one verso un individuo a «una dimensione» con una sola lingua (la koinè inglese) relega il dialetto tra i Beni culturali da affidare ai memorizzat­ori sociali (data-base, archivi…), rendendo la lingua parlata un utile media ma non un mezzo sorgivo e ident i tar io di espression­e.

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Un alfabeto di Alighiero Boetti e, nella foto piccola, una seduta del premio Comisso, di cui Maria Corti (19152002) fu giurata
Memoria Un alfabeto di Alighiero Boetti e, nella foto piccola, una seduta del premio Comisso, di cui Maria Corti (19152002) fu giurata

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