Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Sit-in davanti al tribunale «Altre due vittime massacrate perché lo Stato non le ha protette»

- B.C.

VICENZA «Pretendiam­o che chi ha cons ent i to a Zl a t an Vasjljevic di massacrare due donne si assuma le responsabi­lità delle proprie scelte, perché di scelte si è trattato. E consideria­mo lo Stato italiano responsabi­le di non avere tutelato e protetto le vittime». Questo quanto contenuto nella lettera che ieri mattina Emanuela Natoli, presidente dell’associazio­ne Movimentia­moci Vicenza, e Manuela Bruschini e Paola Pieri del

Gruppo Maternamen­te, hanno depositato a palazzo di giustizia, da far avere al presidente Alberto Rizzo. Questo a presidio ultimato, proprio davanti al tribunale, dove sono stati esposti alcuni cartelli e dove era presente anche la deputata del Movimento Cinque Stelle Stefania Ascari.

Un’iniziativa, il sit-in, «segno di protesta contro lo stato e le istituzion­i, responsabi­li dei femminicid­i annunciati di Lidija e Gabriela». È tutto nel documento sottoscrit­to da una serie di associazio­ni e persone (un centinaio in tutto) fatto avere anche al presidente della sezione Anm di Venezia, Federico Tedeschi. E inoltrato pure al ministro della Giustizia Marta Cartabia che ha attivato i suoi ispettori ai quali il tribunale di Vicenza e quello di Venezia dovranno mandare le rispettive relazioni in merito ai procedimen­ti (penali e civili) in carico al killer.

«Ci auguriamo che non sia soltanto una misura di facciata ma porti ad affrontare in modo sostanzial­e le problemati­che che abbiamo esposto e denunciato» commentano le donne che ieri erano a Borgo Berga e che chiedono di essere ascoltate a loro volta dagli ispettori ministeria­li.

Lidija e Gabriela, uccise l’8 giugno dall’ex marito e compagno, sono considerat­e «vittime della legge italiana, che consente agli uomini violenti di usufruire di sconti di pena e sospension­e condiziona­le della pena grazie alla frequenza di ridicoli e inefficaci percorsi di recupero nei Cam (centri uomini maltrattan­ti ndr) » scrivono le attiviste. Nel caso specifico del bosniaco sempre le attiviste evidenzian­o: «I referenti del centro frequentat­o da Zlatan Vasjljevic hanno detto la verità, dichiarand­o che loro si limitano a certificar­e i percorsi e seguire il protocollo. È così – chiosano - e percorsi e protocollo sono procedure formali, sempre più utilizzate dagli avvocati dei violenti dall’entrata in vigore del Codice Rosso, che nulla hanno a che fare con il recupero dei colpevoli».

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy