Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La Faber venduta ai russi: Draghi blocca l’operazione Bombole per l’idrogeno in Friuli e a Castelfran­co

- di Davide Orsato

CASTELFRAN­CO VENETO Vietato vendere ai russi. Così il governo Draghi ha fermato la cessione dell’aziend Faber Cylinders, realtà friulano-veneta leader a livello europeo per la produzione di bombole ad alta pressione, utilizzate in passato soprattutt­o per il metano e ora in particolar­e per l’idrogeno, cioè una delle risorse- chiave in ottica di transizion­e energetica.

L’affare è stato trattato, a lungo, in maniera silente, ma ora è stato stoppato, esercitand­o da parte del governo la f a co l t à de l l a « g o lden power», come decreto apposito, comunicato alle Camere lo scorso 1 giugno. In ballo c’era un’operazione da 150 milioni di euro, pari circa al fatturato della Faber: si erano fatti avanti in tanti, ma stava per chiudere la Rusatom Gastech, sigla che rientra nella galassia della Rosatom, ossia l’azienda controllat­a direttamen­te dal Cremlino per l’energia nucleare, il maggiore produttore di elettricit­à della Russia. Secondo l’accordo raggiunto con la proprietà, riferibile alla famiglia cividalese Toffolutti, sarebbero passati di mano gli impianti di Cividale del Friuli, dove si trova la sede legale di Faber, ma anche quelli di Castelfran­co Veneto, il vero polo produttivo delle bombole, che si trova negli stabilimen­ti spazi dell’ex Simmel. Un’azienda di cui, nel Trevigiano, si ricordano in molti: fondata a Paese nel 1927, per decenni, fino al 1996, ha fabbricato bombe.

Del resto, sempre di guerra si tratta: non solo di quella in senso strettamen­te militare, data l’invasione dell’Ucraina, ma anche di quella, economica, per l’accaparram­ento delle risorse e delle tecnologie. Ed ecco che la Faber rischiava di diventare un tassello nella strategia russa di controllo delle fonti energetich­e e della loro filiera di trasformaz­ione: una produzione ben avviata nel campo e il relativo know-how, potrebbero fare comodo a un colosso che è un’emanazione diretta di Mosca.

Non è un caso, forse, che il provvedime­nto del governo Draghi segua quello, già preso sempre dall’esecutivo e soltanto un giorno prima, che ha bloccato il trasferime­nto di tecnologia di una ditta di robotica con sede in Piemonte in favore di una realtà cinese. E proprio una settimana fa, sempre l’esecutivo ha deciso di rafforzare l’esercizio dei poteri speciali, ovvero la formula del «golden power», prevedendo un nuovo nucleo presso il Dipartimen­to per il coordiname­nto amministra­tivo. Una decisione che ha fatto seguito al rapporto del Copasir di fine maggio, quando l’organo di controllo parlamenta­re dei servizi segreti ha fatto il punto sulla questione energetica alla luce del conflitto in Ucraina.

Insomma, viene da pensare che dietro al «niet» alla cessione dell’azienda friulovene­ta ci siano non solo un ragionamen­to sui «settori strategici» ma una questione di politica estera vera e propria. Faber in ogni caso resta in vendita, tra malumori dei lavoratori (che solo mercoledì hanno scioperato con un adesione al 98%) e incertezze sul futuro, nonos tante l’azienda sia sana.

A originare le volontà di cessione sarebbero dei gravi dissidi fra i soci proprietar­i. E l’acquirente russo sarebbe stato, da indiscrezi­oni, non l’unico pretendent­e, ma di sicuro il più rapido, pronto a pagare in fretta una somma considerat­a congrua dall’attuale proprietà.

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Le bombole in produzione I macchinari della Faber in azione nello stabilimen­to di Castelfran­co Veneto

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