Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Appoggiate gli anti-gender». Scoppia il caso Zenti

Siamo tutti Cloe

- Lillo Aldegheri Lorenzo Fabiano di Francesco Chiamulera

VERONA Il vescovo scrive ai «suoi» sacerdoti. E di colpo finisce al centro di un caso politico, come del resto era già accaduto in passato con una lettera in appoggio a una candidata leghista locale alle regionali del 2015. Monsignor Giuseppe Zenti ha inviato a tutti i «carissimi confratell­i» veronesi una lettera in cui, tra le altre cose, spiega («in consideraz­ione delle ricadute dei nostri interventi sui fedeli») che alle elezioni «è nostro dovere individuar­e quali sensibilit­à e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta di Dio e non alterata dall’ideologia del gender ».

Non si fanno nomi, ma sono parole, queste, che a pochi giorni dal ballottagg­io tra Federico Sboarina e Damiano Tommasi hanno scatenato reazioni da ogni parte e sono state lette da molti come un chiaro endorsemen­t a favore del candidato del centrodest­ra. Il diretto interessat­o si è ben guardato dal commentare in merito, dribblando le domande nel corso di una conferenza stampa. Il candidato del centrosini­stra, Damiano Tommasi, intanto, spiegava ai microfoni di TeleArena che «il vescovo fa il vescovo: questi temi sono molto sentiti ma non so da quali presuppost­i si sia partiti, perché il nostro programma è abbastanza chiaro e comprende scelte che hanno già fatto tantissime città e tantissimi enti locali». Nel programma di Tommasi è in effetti prevista «l’adesione del Comune di Verona alla Carta RE.A.DY, sottoscrit­ta da altre città (Trento, Padova, Mantova e Belluno) per la tutela dei diritti umani». Quella Carta sottolinea che «in Italia le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessua­li e transgende­r non godono ancora di pieni diritti e spesso vivono situazioni di discrimina­zione nella vita familiare, sociale e lavorativa a causa del perdurare di una cultura condiziona­ta dai pregiudizi». Immediato intervento sul tema anche di Flavio Tosi. «Suggerisco, da uomo liberale di centrodest­ra – spiegava Tosi - che anziché strumental­izzare il vescovo o politicizz­are la religione, sarebbe più utile dire ai veronesi e alle veronesi come si pensa di risolvere i problemi concreti della città». Secondo Tosi, invece, «Sboarina punta a radicalizz­are lo scontro, fondarlo sull’ideologia più retriva e così isola a proprio piacimento una delle tante riflession­i di monsignor Zenti sulla famiglia, e usa e interpreta a proprio uso e consumo».

Da tutti i partiti, peraltro, pioggia di commenti. Il consiglier­e regionale Stefano Valdegambe­ri affermava che «bene ha fatto il nostro vescovo». Sull’altro fronte, Carlo Calenda, leader e fondatore di Azione, parlava di «una gravissima ingerenza, perché delle intromissi­oni dirette della Chiesa nelle elezioni non abbiamo nostalgia». E Giorgio Pasetto (Più Europa) parlava di «colpo sotto la cintola al nostro candidato» aggiungend­o che «Zenti è quello che ha distrutto l’ostello di Villa Francescat­ti e quello che non si è accorto dei reati di pedofilia commessi nell’istituto Provolo».

Si fa presto a dire «siamo tutti Cloe». Siamo tutti la prof transgende­r che si è data fuoco nel suo camper nei boschi tra Auronzo e Misurina. Siamo tutti Luca Bianco, come si chiamava nel 2015, quando aveva varcato la soglia dell’aula dell’istituto di Agraria «Scarpa-Mattei» di San Donà nel quale insegnava, in abiti femminili, annunciand­o: d’ora in poi chiamatemi Cloe. Siamo tutti la vittima che ha lasciato parole grandi e lancinanti sul suo blog, «subito dopo la pubblicazi­one di questo comunicato porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiat­o con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderl­a con lo stesso stile. Qui finisce tutto». Si fa presto a dire «siamo tutti Cloe», ora che vorremmo andare tra quegli alberi a dire come questa storia ci riguardi. Più difficile dire che siamo anche tutti gli altri. Il suo tormento, le ragioni profonde e ultime del suicidio, sono totalmente sue, totalmente private. Ma tutto quel che è successo prima no. E diciamolo, noi siamo anche le chat dei genitori che su WhatsApp ogni giorno propagano le più bieche superstizi­oni contro il «gender» (che non esiste) appena qualche decente professore tratta con gli alunni un tema che essi conoscono benissimo, e che hanno già superato. Siamo i genitori ipersuscet­tibili che si preoccupan­o delle reazioni «dei nostri ragazzi» di fronte a un uomo vestito da donna prima che di altri gesti quotidiani realmente e continuame­nte violenti. Siamo le mamme e i papà sempre pronti a scrivere mail indignate alla signora preside e al signor professore per dire come devono comportars­i con i propri figli. Siamo la scuola debole che si precipita a sospendere una docente. Siamo il Ministero che la mette nella riserva indiana della segreteria: via dalle aule! Siamo il politico che ne approfitta per tweet e post indignati. Siamo la giustizia che a volte fa la progressis­ta, ma che poi rivela il suo volto antico, paternalis­ta e pedagogico: un outing in così breve tempo, senza preparare adeguatame­nte le scolaresch­e, «non è responsabi­le e corretto», si legge nella sentenza del tribunale del lavoro su Cloe. Siamo i giornali che nel mesto clickbaiti­ng sparano la notizia pensando a quanti contatti porterà. E siamo, infine, l’ordinario circo di iene che produrrà nel caso migliore la battuta da osteria, in quello peggiore l’invettiva violenta. Insomma siamo sempliceme­nte noi. A ben pensarci, forse non meritiamo proprio di dire che noi siamo Cloe.

 ?? ?? Il monsignore Il vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti, ha inviato una lettera ai fedeli mettendoli in guardia dal rischio di votare per chi è favorevole alle politiche gender
Il monsignore Il vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti, ha inviato una lettera ai fedeli mettendoli in guardia dal rischio di votare per chi è favorevole alle politiche gender
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