Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Soldi, debiti e arresti: giallo a Zanzibar
In cella una coppia, dopo l’esposto di due vicentini. Che dicono: «Ci deve un milione»
È stata rinviata a oggi l’udienza, a Zanzibar, del processo a carico di Francesca Scalfari e del marito inglese Simon Wood, che il 7 giugno sono finiti in carcere in Tanzania accusati di riciclaggio di denaro e falso in seguito alle indagini degli investigatori scaturite dall’esposto presentato nel 2019 dagli ex soci, i vicentini Giovanni Viale e la moglie Isabella Ferro. «Ci devono un milione - precisa Viale - e con l’arresto non c’entriamo nulla».
È stata rinviata a oggi l’udienza, davanti all’Alta Corte di Zanzibar, del processo a carico di Francesca Scalfari e del marito inglese Simon Wood, che il 7 giugno sono finiti in carcere in Tanzania (dove vivono da 15 anni e gestiscono lo Sherazad Boutique Hotel). Sono accusati di riciclaggio di denaro e falso in seguito alle indagini degli investigatori scaturite dall’esposto presentato nel 2019 dagli ex soci, una coppia di vicentini. Confermati ufficialmente come soci (di maggioranza) nelle ultime ore. Ieri l’udienza non si è tenuta a causa di un lutto del giudice ma grazie al telefono dell’ambasciatore d’Italia in Tanzania, Marco Lombardi, Scalfari è riuscita a videochiamare i genitori che abitano nella Bassa Padovana, parlando con il padre e con il figlio di 11 anni. Nell’aula gremita di persone, di rappresentanze diplomatiche, dipendenti dell’hotel, amici della coppia e tour operator dell’isola, c’era anche Giovanni Viale. Originario di Brendola e bassanese d’adozione, assieme alla moglie Isabella Ferro, bassanese, aveva finanziato il sogno della Scalfari di trasformare la casa in un resort. «Abbiamo creduto nel progetto: abbiamo investito oltre 995 mila euro e siamo sempre stati soci di maggioranza – fa sapere Viale da Zanzibar dove ha una sua attività – ma nel 2019 siamo stati espropriati, non possiamo più rimettere piede nell’hotel dove avevamo anche costruito una nostra abitazione, siamo stati sfrattati e non abbiamo mai visto un euro nemmeno dei 150 mila euro prestati a Francesca e Simon». Viale, che parla anche a nome della moglie, con cui è da tempo impegnato nella cooperazione internazionale, si dice «molto dispiaciuto dell’arresto della coppia, conscio delle condizioni delle carceri». Ma precisa: «Dei tredici capi di imputazione solo dieci vertono sulle vicende che riguardano anche noi, gli altri sono stati formulati in base a quanto emerso nel corso delle indagini della polizia». E questo lo sottolinea anche il loro avvocato, Teobaldo Tassotti: «La denuncia dei Viale per frode commerciale non c’entra nulla con i capi imputazione che hanno portato all’arresto della coppia» (e cioè il falso e il riciclaggio di denaro, reato quest’ultimo che non prevede la libertà su cauzione). Viale spiega anche perché era arrivato con la moglie a formalizzare denuncia penale tre anni fa. «Le nostre quote societarie del resort erano sparite, Francesca e Simon avevano registrato la società completamente a nome loro, al 50% per ciascuno, senza darci soldi. Volevano liquidarci 600 mila dollari – spiega - ma noi ci siamo appellati in tutte le maniere». Detto che quella cifra era stata stabilita da una perizia del tribunale a cui si erano rivolti gli arrestati, stando all’avvocato Tassotti non era mai stata depositata, come da disposizioni, sul conto corrente vincolato. «Scalfari e Wood hanno chiesto a una banca di mettere a disposizione i 600 mila dollari, con però a garanzia le quote dei Viale, a loro insaputa – chiarisce il legale - e quando i miei assistiti lo hanno scoperto hanno presentato un esposto » . L’avvocato aggiunge: «L’ufficio del registro delle imprese di Zanzibar, in base ad una sentenza, ha riattribuito il 69,46 % delle quote ai Viale che attendono di essere liquidati. Quello che vogliono i miei assistiti è rientrare del milione di euro circa investito. Non avanzano pretese su utili e avviamento del resort».