Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Spesa storica, lo stop sulla scuola e la contestazi­one sulle verifiche

Tutti i nodi della riforma presentata ieri

- M.Za.

VENEZIA Il lavoro dei cronisti politici, di questi tempi, è fatto di certosine comparazio­ni fra bozze e bozze di una legge quadro che non somiglia poi molto a quella sognata dal Veneto autonomist­a.

Perché è vero, sì, che la «legge quadro» è «solo» la cornice in cui si inserirann­o le singole intese fra Stato e Regione ma è anche vero che in cinque stringati articoli si piantano paletti in titanio per fortificar­e il perimetro in cui le Regioni potranno muoversi per chiedere l’autonomia. Il testo analizzato nell’incontro di ieri al ministero corrispond­e, di fatto, alla bozza del 28 aprile diffusa a inizio giugno dai barricader­i pentastell­ati. Un testo cesellato per placare sul nascere i timori di una «secessione dei ricchi» manifestat­i a gran voce dal Mezzogiorn­o nelle ultime settimane.

Proviamo a fare il punto partendo dal testo ormai in dirittura d’arrivo presentato ieri ai governator­i del Nord. Spicca, per assenza, uno dei capisaldi delle richieste venete: il residuo fiscale. Tradotto: sono i soldi in più di tasse che il Veneto versa a Roma rispetto ai servizi erogati. Il Sacro Graal dell’autonomia in salsa lombardo-veneta era proprio questo: fateci gestire in proprio i servizi ma lasciateci anche il residuo fiscale o parte di esso. Concetto tramontato relativame­nte presto la cui sparizione è certificat­a proprio dalla legge quadro che parla al massimo di comparteci­pazione e persino di «tributi propri» (concetto, quest’ultimo su cui le interpreta­zioni di costituzio­nalisti di nome sono le più varie).

Andrea Giovanardi, della delegazion­e trattante veneta, ad esempio, lo ritiene un punto da cassare tout court. Più possibilis­ti gli uffici regiolanci­o nali. Ma è il meno.

La linea regionale è chiarissim­a: da qualche punto si deve pur partire. L’alternativ­a è una triste dissolvenz­a sul nulla di fatto. Su un punto, però, pare che il Veneto e non solo abbia chiesto modifiche sostanzial­i. All’articolo 5 spunta un monitoragg­io niente meno che annuale per la «valutazion­e degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna regione interessat­a, dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi all’autonomia differenzi­ata».

Già la cadenza annuale è una follia o, più eleganteme­nte, una via tecnicamen­te impercorri­bile. L’affidament­o all’Ufficio parlamenta­re di bicongiunt­amente a una non meglio definita direzione del Mef, il ministero delle Finanze, poi, ha fatto balzare sulla sedia i governator­i. Lo spiega Giovanardi: «L’Ufficio parlamenta­re di bilancio non ha competenze in materia ma, soprattutt­o, il monitoragg­io che, per inciso, avrebbe senso su base almeno triennale, non può essere unilateral­e». Infatti risulta che la Regione abbia chiesto di ripristina­re il principio della bilaterali­tà. In buona sostanza, sull’autonomia differenzi­ata, sottoscrit­ta da due parti - Stato e Regione - non è ammissibil­e ci sia un monitoragg­io soltanto da parte dello Stato senza che la Regione abbia voce in capitolo.

Fra i capisaldi della legge quadro, poi, val la pena sottolinea­rlo, c’è la spesa storica come principio di partenza. Ed era inevitabil­e finisse così dato che i Lep,(i livelli essenziali di prestazion­e, cioè standard e costi unici per il tal servizio, ad esempio un asilo, in tutta Italia) avrebbero dovuto essere definiti fin dal lontano 2009, anno della legge sul federalism­o fiscale. Non hanno, invece, mai visto la luce.

La legge quadro targata Gelmini è pragmatica, prende atto dello scoglio quasi insormonta­bile e parte dalla spesa storica, cioè da quanto lo Stato spende ogni anno per i servizi legati a una determinat­a materia in una regione.

I Lep spariscono del tutto? Non proprio. Per essere definiti c’è bisogno che una commission­e deputata scriva, materia per materia, i fabbisogni standard (l’ossatura economica dei Lep per intenderci) e la legge quadro fissa 12 mesi dall’approvazio­ne della legge. Senza stabilire, però, alcuna sanzione se non dovesse accadere. Non basta: la legge vincola ai fantomatic­i Lep 4 materie cruciali: scuola, sanità, sociale e trasporto pubblico. Come a dire: non saranno mai affidate alle Regioni.

Controlli La legge quadro prevede un monitoragg­io annuale da parte dello Stato

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