Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Se ne va anche Marin il partito di Brugnaro sta implodendo

Si scioglie il gruppo alla Camera, anche Toti molla il sindaco Brugnaro

- Monica Zicchiero

Il partito di Brugnaro sta implodendo. Ieri ha deciso di lasciare Coraggio Italia anche Marco Marin, ex campione di scherma ed ex segretario veneto di Forza Italia, ma soprattutt­o l’uomo che aveva aiutato il sindaco di Venezia a costruire il nuovo soggetto politico.

VENEZIA Marco Marin e Giovanni Toti mollano il presidente Luigi Brugnaro: Coraggio Italia resta con nove parlamenta­ri. Sette deputati, due senatori. Il gruppo alla Camera è stato sciolto ieri dopo che anche Antonio Lombardo è passato ai «futuristi» di Luigi di Maio: a quel punto erano 18, non tanto giovani e neanche tanto forti. E la rima viene di conseguenz­a: dopo mesi di attriti, ieri hanno colto l’occasione per andarsene i «totiani» e i «mariniani». Al Senato, visto che il progetto del partito unico è naufragato, dalla componente Italia al Centro del gruppo misto si sono sganciati il senatore Andrea Causin e Marinella Pacifico. In tutto gli addii tra i parlamenta­ri sono sette: oltre al già citato Marin, ci sono il socio fondatore Stefano Mugnai, Cosimo Sibilia, Guido Pettarin, Elisabetta Ripani, Maurizio D’Ettore e Simona Vietina - pronti a confluire, secondo quanto viene riferito da fonti parlamenta­ri, in una costituend­a «associazio­ne politica» che avrebbe già un nome (Vinciamo Italia) e i suoi vertici: Marin presidente e Mugnai vicepresid­ente vicario.

Intanto Causin spiega: «Restiamo al misto come Coraggio Italia. Sì, lo so, la gente non ci capisce niente con tutti questi nomi e giri. Omen nomen: Cambiamo Idea, bisognava chiamarla, con questi politici che la cambiano ogni tre minuti». La separazion­e è maturata nel giro di 48 ore. Sospira Causin: «Brugnaro gli aveva chiesto di restare, ma Marin ha detto di no». Divergenze che vengono da lontano, che hanno preso un outfit nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica e poi deciso la virata di stile dopo le amministra­tive. «Si tratta di strutturar­e il partito nei territori. Chi arrivava da altri partiti, si presentava con gli organigram­mi. Brugnaro vuole cercare nuove energie nei territori», continua Causin.

Le amministra­tive sono andate così così, un 8% in media che per il sindaco va benissimo nella prospettiv­a fondativa ma le politiche incombono e non c’è tempo da perdere per chi cerca di accasarsi. I foglietti con gli organigram­mi contro le selezioni stile Umana. Era un neon che lampeggiav­a sulla divisione, l’ apertura di Brugnaro verso Luigi Di Maio dopo l’addio a Conte. E ieri ha ribadito a Porta a Porta la mano tesa ai «futuristi»: «Luigi Di Maio è una persona che ha provato cosa vuol dire governare, ha capito le difficoltà di governare le cose, e ha avuto il coraggio di ammettere di aver sbagliato. Mi sembra una cosa coraggiosa», ha detto il sindaco. Che ha passato il suo primo mandato a pestare il Pd e il M5s perché «partiti del No», intreccian­do al contempo relazioni col sindaco di Firenze Dario Nardella, Federico Pizzarotti. Un partito dei sindaci è il pour parler che non passa mai di moda da vent’anni a questa parte: Sala, Nardella, Pizzarotti, Gori. Intanto si prova a tenere duro: «Abbiamo incontrato questa mattina Luigi Brugnaro e gli abbiamo ribadito la volontà di restare in Coraggio Italia e di rilanciare il progetto anche sul territorio - dice Emilio Carelli -. Con Di Maio contatti e dialogo ci sono, ma contatti e dialogo in politica non vuol dire spostare armi e bagagli in un altro gruppo. Questa cosa per ora non c’è e credo non ci sarà neanche in futuro». Il problema è che rischia di tramontare anche uno dei cavalli di battaglia di Brugnaro: i poteri ai giudici di pace per tenere in cella coloro che appannano l’immagine delle città, gli ubriachi, i tossici e gli homeless molesti e fuori fase, gli spacciator­i. Neanche quando c’erano i gruppi di CI, la proposta di legge di Causin è stata presa in consideraz­ione. «Neanche dalla Lega», annuisce. Proprio ora che il quadrilate­ro di Mestre intorno alla stazione è talmente assediato dai pusher da aver riconquist­ato la dignità delle cronache.

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