Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Campo larghissimo e candidati condivisi «Il modello Verona verso le Regionali»
Andrea Martella, guida veneta del Pd: «Dobbiamo migliorare la capacità d’insediamento nel Veneto profondo. Sanità e lavoro sono i temi chiave»
VERONA Il centrosinistra conquista Verona. Quattro parole per una rivoluzione, quella di Damiano Tommasi, citata ora come «modello» perfino da Enrico Letta. «Ci abbiamo creduto fin dall’inizio – afferma Andrea Martella, segretario regionale del Pd -. Qualche mese fa, legittimamente, erano in pochi a immaginare un’affermazione così straordinaria del centrosinistra. Non era una scommessa facile, ma abbiamo sempre creduto in Tommasi, sapevamo che ce la potevamo fare».
È anche la vittoria del campo largo di Enrico Letta? Pd, civiche, sinistra, M5s, Calenda e perfino i renziani di Italia Viva, che al primo turno sostenevano Tosi e poi hanno scelto Tommasi.
«Verona può davvero diventare un modello, apre una possibilità per il resto del Veneto e per tutto il Paese. Questo campo largo è una speranza plurale, di forze diverse, che ha alla base due condizioni: la capacità di essere uniti, dimostrando di interpretare la voglia di cambiamento, e una comune visione strategica e programmatica. La forza di Tommasi, come di Giordani a Padova, è aver guadagnato la fiducia delle persone con concretezza, serietà e affidabilità fin dal primo giorno».
Qual è stato il ruolo del Pd in questa elezione?
«Un ruolo di soggetto federatore di un ampio schieramento di forze progressiste, ambientaliste, civiche, anche di ispirazione moderata, con visione progettuale e programmatica. Non ci sono classifiche di merito, è stato un grande lavoro di tutti».
I candidati di Verona e Padova, entrambi vincenti, sono espressione civica. È più facile vincere con una figura esterna alla politica?
«No, non direi. Il Pd ha concorso all’individuazione del candidato migliore nelle diverse situazioni, e che poi è diventato il perno della coalizione. In Tommasi abbiamo trovato un candidato attento, dialogante, concreto, che vuole conoscere le persone, le periferie e le esigenze della città».
Abbiamo di nuovo un Pd che vince nei centri storici e nelle grandi città, ma arranca nelle periferie e nei piccoli Comuni. Vi siete chiesti come mai?
« È una dinamica che riscontriamo anche a livello nazionale, ma dopo questo turno elettorale sappiamo che Pd e centrosinistra stanno tornando protagonista in Veneto, non solo nei capoluoghi, e grazie al lavoro del nuovo gruppo dirigente si apre una partita che porta fino alle Regionali 2025. Ora dovremo migliorare la capacità di insediamento e di proposta nelle aree più interne, nel Veneto più profondo, che nel corso degli anni hanno perso servizi scolastici, sanitari, lavoro. Saremo più vicini ai cittadini, parlando di cose concrete».
L’anno prossimo si vota a Vicenza e Treviso, entrambe amministrati dal centrodestra. Come si state preparando?
«Verona insegna che bisogna iniziare per tempo, non prendere decisioni all’ultimo momento. Dopo l’estate dovremo entrare nel merito delle scelte dei candidati sindaco, a sceglierli saranno Vicenza e da Treviso. Civiche o politiche, dovranno essere competitive e condivise».
Nel 2025 tocca alle Regionali. Cos’ha insegnato Verona?
«Innanzitutto che la partita è aperta. E non è detto che non si giochi prima di tre anni... Ci faremo trovare pronti, la nostra ambizione è essere forza di governo in Veneto. Continueremo a lavorare, rimanendo uniti, offrendo una visione di futuro alle famiglie, alle imprese, ai territori, ai giovani, sapendo che dobbiamo mettere al centro i contenuti, soprattutto in questo momento in cui il centrodestra sembra avere il fiato corto, diviso nella coalizione e anche all’interno della Lega. Stiamo tornando un interlocutore della società veneta con un nuovo pragmatismo».
Ogni tanto è bello fare l’analisi del voto da vincitori, eh?
«Abbiamo fatto tante riflessioni sull’esito elettorale quando era meno bello (ride, ndr). Ieri sera, festeggiando a Verona fino a tardi, un iscritto si è avvicinato e mi ha detto: “Quante volte siamo andati a dormire presto”. Stavolta no».