Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I gettonisti coprono42mila turni Interi reparti gestitidalle coop
Bernini (Cgil): «La spesa per il personale sanitario è ferma al 2004meno l’1,4%. Il tetto lo impone lo Stato» Lo stop deciso dalla Regione avrà bisogno di tempi lunghi o si rischia il collasso
concetto va chiarito subito: se le aziende sanitarie venete sono state costrette a ricorrere ai medici a gettone per un totale di 42.061 turni, tra cui 15.490 in accettazione e Pronto soccorso (il 70% dei quali in mano alle coop secondo un’indagine Cimo), 9.990 per gli anestesisti delle sale operatorie e delle Terapie intensive, 3.729 in Ostetricia e Ginecologia, 2.604 in Pediatria e gli altri in Medicina interna, Geriatria e Radiologia è perché sennò molti di questi reparti chiuderebbero. A dirlo sono i numeri resi noti dalla Regione, che sottolinea: nonostante il ricorso agli specializzandi (209 assunti a tempo determinato, +84% rispetto al 2019) e ai neolaureati abilitati (300 nel 2018 per i Pronto Soccorso), nel Veneto mancano ancora 3.500 medici, oltre a 150 veterinari e 5 mila tra infermieri, tecnici, ostetriche, fisioterapisti, operatori sociosanitari. E quelli che ci sono (al momento 59.480 dipendenti del pubblico) si fanno sempre più tentare dalle sirene del privato: secondo la Cisl nel 2021 hanno lasciato gli ospedali pubblici 1700 sanitari (tra medici e comparto), lievitati a 4 mila nel 2022 e a 5 mila nel 2023. E poi 500 camici bianchi hanno presentato richiesta di pensionamento.
In compenso la richiesta di prestazioni di specialistica ambulatoriale è aumentata del 15%, con l’acuto del 38,5% per la risonanza magnetica addominale, ma due ambulatori su tre si sono ritrovati senza dottore. L’anno scorso Azienda Zero ha lanciato 131 bandi, 92 dei quali dedicati ai camici bianchi (ricercati soprattutto specialisti dell’emergenza-urgenza, anestesisti, ginecologi, radiologi, pediatri, ortopedici e oculisti), per un totale di 1023 posti. Si sono presentati in 390, tutti assunti. Meglio è andata con il personale del comparto, che ha occupato i 1029 posti messi a gara da 39 concorsi. Risultato: dal 2019 al 2023 gli infermieri sono aumentati di 1896 unità (+8%) e gli Oss di 2912 (+41%). Complessivamente sono stati assunti 3834 tra medici e operatori del comparto, ma a fronte di 4053 cessazioni (pensionamenti, fughe nel privato, trasferimenti), perciò il bilancio è in rosso di 219 unità.
Il tentativo della Regione di cancellare il ricorso a gettonisti e cooperative, con la nuova delibera che fissa il tetto di spesa per l’ingaggio diretto dei medici in libera professione da parte delle Usl, si deve scontrare con la realtà. «È vero che la legge consente a un’Usl di risolvere anche subito il contratto con il privato se riesce a coprire un reparto, un servizio o dei turni con il proprio personale, ma al momento non credo che il pubblico sia in grado di reggersi in piedi da solo — ragiona Matteo Zanella, ceo di «MST Group srl», società che ha in appalto turni di emergenza-urgenza con 170 specialisti in Sardegna e negli ospedali di Venezia Lido, Adria, Rovigo, Cittadella, Montagnana, Camposampiero, Vicenza, Noventa Vicentina, Arzignano, Valdagno e Legnago —. Come contribuente capisco e approvo il tentativo della Regione di rendere autonomo il pubblico, ma oggi la maggioranza dei neo specialisti si indirizza subito verso il privato o va all’estero, per le migliori condizioni di lavoro». Nelle coop un turno di 12 ore viene pagato dai 600 ai 1800 euro a seconda della specialità e il 70% dell’importo va al medico. Al quale la coop garantisce anche l’albergo se viene da fuori regione (molti sono «trasfertisti»), l’assistenza legale e il trasporto. «In compenso il professionista deve aprire la partita Iva e pagarsi assicurazione e contributi, ma può scegliere quando e dove lavorare, quanti turni coprire e se fare anche notti, guardie e festivi», chiude Zanella.
Eppure, stando ai dati Agenas elaborati dalla Cgil su 10 tra le prestazioni più richieste, nel 2022 la sanità veneta ha erogato 1.109.236 esami e visite in meno (il 12,2%) rispetto al 2019. E le liste d’attesa si sono allungate al punto che, secondo l’Istat, il 6,4% di veneti rinuncia alle cure, non potendo permettersele a pagamento. Dai rilevamenti dei servizi fiscali dei Caf Cgil si scopre infine che la media di spesa privata per la salute è di 1.223 euro all’anno per i pensionati (+4%), e di 1.145 per i lavoratori (+ 6%). « Il Veneto, come la Lombardia, sta cercando di tamponare una situazione molto problematica, nata da un vizio di fondo — spiega Ivan Bernini, segretario di Cgil Funzione pubblica— e cioè il tetto imposto dallo Stato alla spesa per il personale sanitario, ferma al 2004 meno l’1,4%». Anche con la nuova manovra chi gliela fa fare a un medico di rinunciare fino a 150 euro l’ora in privato per prenderne nel pubblico 80 lordi al Pronto Soccorso e in Rianimazione, 60 negli altri reparti e 40 se specializzando? «Temo che tanti colleghi continueranno a rispondere al migliore offerente — conviene Giovanni Leoni, segretario regionale Cimo — anche se nel pubblico sono garantiti ferie, malattia e Tfr».
Le tariffe Un turno di 12 ore viene pagato dai 600 ai 1800 euro a seconda della specialità e il 70% dell’impor -to va al medico