Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Valditara: le classi siano amaggioranza italiana La Cisl: mandimediatori
Donazzan: «Inclusione significa rispetto della nostra cultura»
Corregge il tiro il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Se a fine febbraio aveva proposto classi separate per gli alunni stranieri, ieri sui Social ha postato una nuova linea: in aula la maggioranza degli studenti dev’essere italiana. «Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali della Costituzione, ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani — scrive Valditara —. Se studieranno in modo potenziato l’italiano, laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che intendiamo muoverci».
Per l’anno 2023/2024 l’Ufficio scolastico regionale conta 556.214 alunni (10.050 in meno rispetto al 2022/2023) e di questi 96.105, il 14,4% del totale, sono stranieri. Il Veneto è la terza regione per studenti provenienti da altri Paesi, dietro Lombardia (222.364) ed Emilia-Romagna (106.280), ma è quella con la più alta componente di stranieri nati in Italia: il 72,9% (cioè 70.074), contro il 67,5% di media nazionale. Percentuale che sale all’85% nella scuola dell’infanzia (dati Regione Veneto). Il ministero dell’Istruzione avrebbe previsto un tetto massimo del 30% di stranieri per classe, però inapplicato. Per esempio alla media «Zanella» di Padova c’è una classe in cui si parlano 20 lingue diverse. «Purtroppo è difficile rispettarlo, perché le famiglie immigrate con figli in età di obbligo scolastico sono principalmente concentrate in aggregazioni territoriali — ● Una donna di 84 anni ha ricevuto la telefonata di uno sconosciuto che le chiedeva soldi per scarcerare il figlio, che avrebbe investito una bimba.
● Lei ha consegnato 50mila euro di gioielli a un sedicenne spiega l’assessore all’Istruzione, Elena Donazzan —. Il rischio quindi di avere quartieri o paesi con una forte presenza di stranieri è naturale. Inclusione significa far ben comprendere che vi è un contesto di regole sociali, di identità di linguaggio e non solo di lingua, che va rispettato. Il problema più grave mi pare invece la cedevolezza per una mala interpretazione del concetto di inclusione sui temi della nostra identità e cultura, quindi è necessaria la chiarezza del messaggio educativo».
Secondo Donazzan il Veneto «è esempio di accoglienza e inclusione»: «Penso soprattutto agli istituti professionali, dove in molti casi non si può rispettare la percentuale del 30% ma dove il messaggio educativo e formativo è chiaro. L’esempio è quello dei Salesiani: all’iscrizione spiegano a tutti, compresi gli stranieri di altra religione, che il progetto educativo è comprensivo di religione cristiana, frequenza ai momenti di comunità e messe. E gli studenti musulmani vi partecipano, senza scandalo e senza levata di scudi». Proprio perché inclusiva, la scuola italiana non può rispettare il tetto del 30%, secondo Sandra Biolo, segretario generale Cisl Scuola Veneto: «Anche perché non pochi allievi arrivano in classe ad anno scolastico già iniziato, non parlano l’italiano e sono costretti a fare gli spettatori muti. Invece di introdurre politiche divisive, il ministero dell’Istruzione potenzi i mediatori culturali e il sostegno per l’apprendimento della lingua, così da evitare l’isolamento di tanti alunni. Spesso sono proprio loro poi a fare da interpreti a intere famiglie che non padroneggiano la nostra lingua».
L’altro parametro da valutare è che ci sono province o, nella stessa città, zone, più densamente abitate dagli immigrati. «Per esempio in alcune aree del Vicentino si raggiunge il 60% di stranieri, ma va considerata pure la denatalità italiana — riflette Marta Viotto, segretario generale Cgil Veneto Scuola —. Credo comunque che non abbia più molto senso parlare di alunni stranieri, perché ormai la maggioranza degli immigrati è alla seconda e alla terza generazione, quasi il 73% dei figli è nato qui e non ha nessun problema di integrazione nè di idioma. Sono perfettamente inseriti e la diversità di cultura e storia è un arricchimento per tutti».
Diretto come sempre Abdallah Khezraji, presidente della Consulta regionale per l’immigrazione e guida della comunità marocchina in Veneto: «Chi pensa a classi separate o a maggioranza italiana dimentica che gli italiani di figli ne fanno molto pochi, perché non c’è supporto sociale e perché non sono disposti a sopportare troppi sacrifici. Noi invece preferiamo rinunciare alla bella casa, alla macchina grossa o ad andare al ristorante per mettere su famiglia. E altrettanti salti mortali fanno gli insegnanti, che vanno sostenuti invece di perdere tempo in polemiche finalizzate al consenso elettorale».
Abdallah Khezraji «Gli italiani di figli non ne fanno, perché manca il supporto sociale adeguato»
"Ilministro È più facile per gli stranieri imparare la Costituzione se le classi sono a maggioranza italiana "
I sindacati Ormai gli immigrati sono alla terza generazione Che senso ha questa polemica?