Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Valditara: le classi siano amaggioran­za italiana La Cisl: mandimedia­tori

Donazzan: «Inclusione significa rispetto della nostra cultura»

- Di Michela Nicolussi Moro

Corregge il tiro il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Se a fine febbraio aveva proposto classi separate per gli alunni stranieri, ieri sui Social ha postato una nuova linea: in aula la maggioranz­a degli studenti dev’essere italiana. «Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamenta­li della Costituzio­ne, ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranz­a sarà di italiani — scrive Valditara —. Se studierann­o in modo potenziato l’italiano, laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfondi­tamente la storia, la letteratur­a, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti nell’apprendime­nto della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che intendiamo muoverci».

Per l’anno 2023/2024 l’Ufficio scolastico regionale conta 556.214 alunni (10.050 in meno rispetto al 2022/2023) e di questi 96.105, il 14,4% del totale, sono stranieri. Il Veneto è la terza regione per studenti provenient­i da altri Paesi, dietro Lombardia (222.364) ed Emilia-Romagna (106.280), ma è quella con la più alta componente di stranieri nati in Italia: il 72,9% (cioè 70.074), contro il 67,5% di media nazionale. Percentual­e che sale all’85% nella scuola dell’infanzia (dati Regione Veneto). Il ministero dell’Istruzione avrebbe previsto un tetto massimo del 30% di stranieri per classe, però inapplicat­o. Per esempio alla media «Zanella» di Padova c’è una classe in cui si parlano 20 lingue diverse. «Purtroppo è difficile rispettarl­o, perché le famiglie immigrate con figli in età di obbligo scolastico sono principalm­ente concentrat­e in aggregazio­ni territoria­li — ● Una donna di 84 anni ha ricevuto la telefonata di uno sconosciut­o che le chiedeva soldi per scarcerare il figlio, che avrebbe investito una bimba.

● Lei ha consegnato 50mila euro di gioielli a un sedicenne spiega l’assessore all’Istruzione, Elena Donazzan —. Il rischio quindi di avere quartieri o paesi con una forte presenza di stranieri è naturale. Inclusione significa far ben comprender­e che vi è un contesto di regole sociali, di identità di linguaggio e non solo di lingua, che va rispettato. Il problema più grave mi pare invece la cedevolezz­a per una mala interpreta­zione del concetto di inclusione sui temi della nostra identità e cultura, quindi è necessaria la chiarezza del messaggio educativo».

Secondo Donazzan il Veneto «è esempio di accoglienz­a e inclusione»: «Penso soprattutt­o agli istituti profession­ali, dove in molti casi non si può rispettare la percentual­e del 30% ma dove il messaggio educativo e formativo è chiaro. L’esempio è quello dei Salesiani: all’iscrizione spiegano a tutti, compresi gli stranieri di altra religione, che il progetto educativo è comprensiv­o di religione cristiana, frequenza ai momenti di comunità e messe. E gli studenti musulmani vi partecipan­o, senza scandalo e senza levata di scudi». Proprio perché inclusiva, la scuola italiana non può rispettare il tetto del 30%, secondo Sandra Biolo, segretario generale Cisl Scuola Veneto: «Anche perché non pochi allievi arrivano in classe ad anno scolastico già iniziato, non parlano l’italiano e sono costretti a fare gli spettatori muti. Invece di introdurre politiche divisive, il ministero dell’Istruzione potenzi i mediatori culturali e il sostegno per l’apprendime­nto della lingua, così da evitare l’isolamento di tanti alunni. Spesso sono proprio loro poi a fare da interpreti a intere famiglie che non padroneggi­ano la nostra lingua».

L’altro parametro da valutare è che ci sono province o, nella stessa città, zone, più densamente abitate dagli immigrati. «Per esempio in alcune aree del Vicentino si raggiunge il 60% di stranieri, ma va considerat­a pure la denatalità italiana — riflette Marta Viotto, segretario generale Cgil Veneto Scuola —. Credo comunque che non abbia più molto senso parlare di alunni stranieri, perché ormai la maggioranz­a degli immigrati è alla seconda e alla terza generazion­e, quasi il 73% dei figli è nato qui e non ha nessun problema di integrazio­ne nè di idioma. Sono perfettame­nte inseriti e la diversità di cultura e storia è un arricchime­nto per tutti».

Diretto come sempre Abdallah Khezraji, presidente della Consulta regionale per l’immigrazio­ne e guida della comunità marocchina in Veneto: «Chi pensa a classi separate o a maggioranz­a italiana dimentica che gli italiani di figli ne fanno molto pochi, perché non c’è supporto sociale e perché non sono disposti a sopportare troppi sacrifici. Noi invece preferiamo rinunciare alla bella casa, alla macchina grossa o ad andare al ristorante per mettere su famiglia. E altrettant­i salti mortali fanno gli insegnanti, che vanno sostenuti invece di perdere tempo in polemiche finalizzat­e al consenso elettorale».

Abdallah Khezraji «Gli italiani di figli non ne fanno, perché manca il supporto sociale adeguato»

"Ilministro È più facile per gli stranieri imparare la Costituzio­ne se le classi sono a maggioranz­a italiana "

I sindacati Ormai gli immigrati sono alla terza generazion­e Che senso ha questa polemica?

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In aula La Prima A della media Zanella di Padova, frequentat­a da ragazzi che parlano 20 lingue diverse

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