Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Ha ucciso nostro fratello e sua moglie malo perdono»
In aula l’abbraccio della sorella a Pestrin
Suo fratello ha ucciso due persone, due membri della loro famiglia. Ma Lucia Pestrin, ieri mattina in tribunale, l’ha abbracciato. Era presente anche lei all’udienza in cui, per quanto la Procura si fosse opposta all’ordinanza emessa dalla Corte d’Assise a marzo, hanno giurato i consulenti psichiatrici che esamineranno suo fratello Massimo, che il 3 maggio di un anno fa a Paese (in provincia di Treviso), uccise a colpi di pistola l’altro fratello, Lino, e la cognata Rosanna Trento. Seduta da sola in una delle ultime file, Lucia Pestrin gli si è avvicinata per dargli due baci e scambiare qualche parola. «Io l’ho già perdonato anche se nella mia famiglia in molti non sono d’accordo con me» confessa con un velo di lacrime sugli occhi. «Il giorno dopo i funerali - racconta - ero in carcere a trovarlo. Non potevo né riuscivo a portargli rancore. Massimo si è trovato al centro di una “tempesta perfetta”: il lavoro perduto, l’incidente in moto ma soprattutto il tradimento della moglie. Era innamorato di quella donna e vuole molto bene ai figli. Il più grande, gli è vicino e lo aiuta con le spese legali. Quel ciclone di eventi ha avuto un
effetto devastante che gli ha fatto perdere la ragione».
Per raccontare la tragica vicenda che ha coinvolto MassimoPestrin, che a processo deve difendersi (assistito dall’avvocato Fabio Crea) dalle accuse di omicidio volontario, Lucia comincia dal rapporto con l’ex moglie. «Adesso è iniziata la causa di divorzio - afferma - se fosse stato fatto prima tutto questo probabilmente non sarebbe successo. Ricordo come fosse oggi la notizia che aveva trovato un lavoro come guardia giurata. Il fatto che gli avessero dato
un pistola mi aveva fatto provare i brividi». Il tradimento, Massimo lo scoprì nel peggiore dei modi. «Dicevano che c’erano dei video che giravano, di lei insieme al datore di lavoro di mio fratello. Qualche collega lo avrebbe anche preso in giro per i contenuti di quelle immagini. Massimo ebbe un confronto duro con il titolare, gli diede anche un pugno e fu licenziato». Poi arrivarono le difficoltà economiche: Massimo Pestrin decise di andare via di casa trovando ospitalità dal fratello Lino. Doveva essere una cosa temporanea. «L’azienda di famiglia non andava bene - racconta Lucia - e Lino si sentiva responsabile, cadde in depressione. Non è vero che tra loro ci fossero dei problemi di natura economica, sono voci messe in giro da gente cattiva».
Il giorno dell’omicidio, Massimo Pestrin aveva appena finito di mangiare. Il resto è la cronaca del massacro. Pestrin salì in camera, prese la pistola per la quale non aveva più il porto d’armi (ma detenuta regolarmente), scese in cucina dove aveva preparato il pranzo e fece fuoco undici volte, centrando prima Rosanna e poi il fratello. «Non riesco a spiegarmelo - torna a dire la sorella dell’imputato - anche se sono convinta che nella sua testa uccidere Lino fosse un modo per liberarlo dalla depressione. Dopo aver sparato Pestrin uscì per fumare; con la mano destra continuava a impugnare la Glock. Nella telefonata che fece ai carabinieri, con voce assolutamente calma, disse che aveva appena ucciso due persone. «Mi dice sempre - conclude Lucia- di andare a comperare dei fiori e metterli sulla tomba di Lino. Gli manca molto nostra madre. Ha lasciato un grande vuoto in tutti noi ma soprattutto nell’animo di Massimo. Spesso mi confida che vorrebbe essere lui, e non Lino, quello morto».
Undici colpi
Dopo pranzo, l’uomo ha sparato undici colpi contro i coniugi. Poi è uscito a fumare