Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Meredith Monk o la forza dell’atemporalità
Atemporalità.
La musica di Meredith Monk (1942) ha questa forza straordinaria. A volte sembra provenire dal passato remoto. Altre volte da un futuro lontano. Ma è anche e soprattutto musica del nostro presente. Da più di mezzo secolo con la sua voce incantatoria, estrema, spirituale e carnale al contempo, ha aperto nuove vie all’idea di performance. E l’altra sera il bellissimo pubblico, fatto di giovani e meno giovani, accorso da tutt’Italia per la sua unica data al Teatro Olimpico di Vicenza, non voleva lasciarla andare via. Monk ha presentato Duet Behavior, il suo progetto in duo con il
percussionista John Hollenbeck, spalancando finestre su finestre all’interno dei brani che hanno maggiormente caratterizzato la sua carriera - Songs from the Hill (1975-1976), Light Songs (1988), Book of Days (1988), Cellular Songs (2017) -, ai quali ha aggiunto alcune creazioni più recenti. Piccola e minuta, con le sue immancabili trecce, un sorriso largo e cullante, l’ottantunenne cantante americana ha raccontato ogni brano, ogni sezione del concerto. Il momento più alto è stato raggiunto quando si è seduta al pianoforte per eseguireMadwoman’s Vision, brano tratto dal suo «Book of Days» (l’imperdibile disco è stato pubblicato da Ecm nel 1990). Tutto era immobile. Sospeso. Pochi accordi di pianoforte. Cadenzati. Come il rintocco di una campana. E poi la sua voce camaleontica, che snocciola una meraviglia dopo l’altra. Commovente è dir poco. Sembra il viaggio verso l’unità originaria della bellezza e del dolore, dei colori, di ciò che non è stato vissuto. La sua performance sollecita l’intera immersione dei sensi di chi ascolta. È musica che al contempo possiede il profumo dell’eterno e l’incertezza dell’esistenza. Il concerto, con fra l’altro una ripresa del suono straordinaria, è stato il prologo al 77° Ciclo di Spettacoli Classici che, per il biennio 20242025, è stato affidato a due artisti che ci piace definire quanto meno necessari, Ermanna Montanari e Marco Martinelli, fondatori del Teatro delle Albe e di Ravenna Teatro.