Ecco chi è dietro al successo Lega-M5s
▶ Le sconfitte elettorali hanno tanti e nessun colpevole, eppure, diconoinmolti, quelle del Pd e diForza Italia non sono state solo causate da proposte politiche invise agli elettori, ma anche da scelte comunicative profondamente sbagliate. E se la seconda repubblica ha avuto come protagonista un uomo che la tv la sapeva usare, SilvioBerlusconi, la terzasembraavere come leader indiscusso del settore ilMovimento 5 stelle, natoedesploso grazie al teleschermo del 2000, il web. I grillini sembranopotercontare, infatti, suuna retedi pagine Facebook- organizzate o meno- che profilano l'elettoratoepoidiffondono costantemente materiale propagandistico, ma anche fake news, chemiranoallapancia del cittadino: vittime privilegiate, Matteo Renzi e la sua truppa. GianlucaMartone, fondatore diWikiamo, espertodi comunicazione e consigliere municipale romano in quota 5 stelle, ci spiega: "Tutto parte da Facebook. I partiti acquistano pagine già grandi, ne cambiano la destinazione eleusanocomemezzodi propaganda. Quanto incidono? Per me un 20% sul totale dei votidi unasingola forza politica. Ogni profilo sui social è targettizzato: unorientamentopolitico è facilmente individuabile. Se sei un disoccupatopossofartiarrivaremessaggi che parlano di reddito di cittadinanza, se sei un imprenditore messaggi che ti spiegano cos'è la flat tax.". Già, la flat tax, cavallo di battaglia della Lega, altro partito che ha scelto il web come mezzo di comunicazione per eccellenza: "Salvini non ha fatto altro che copiare bene la strategia del Movimento, diffondendomessaggi semplici, puntando agli istinti primordiali dell'elettorato, ma anche al campanilismo, forte nell'Italia dei comuni", concludeMartone.
E lo conferma Tiziana Nisi- ni, neoeletta senatrice delCarroccio: "Salvini ha puntato su un doppio binario: social network e territorio. ", aggiungendo che "inpiù, ha saputo gestire più che bene le sue apparizioni tv. Il risultato è sotto gli occhi di tutti." Tuttoquesto, gli uominidiRenzi l'hanno sempre saputo, tanto è vero che i mal di pancia si sonofatti sentire e sonoesplosi in un coro comune: Mat- teo, te l'avevamodetto. MarcoDonati, deputatoaretino uscente, è concorde nel pensare che la comunicazione del Pd sia stata fallace: "Io avevo avvisatoMatteo fin da subito, che questi ci stavano fagocitando sul web. A un mesedal referendum, improvvisamente ti ritrovavi pagine che dal chiamarsi 'io amo i gattini', diventavano organi di diffusione di fake news che invitavanoavotarenoal referendum. Fatte le opportune verifiche, ci siamo accorti che alcuneeranogestiteaddirittura da server indiani." Eproprio alloraRenzi si rende conto di aver sottovalutato il fenomeno e decide di chiamare quello che è consideratounodei massimiesperti in social management, GianlucaComandini, millennial titolare dell'agenziadi co- municazioneYou&Web, nonché docente di social media marketing presso La SapienzadiRoma. " Spiegai aRenzi comeagivanoi5stelle. Avevanoiniziatofacendopartire attacchi a migliaia dai gruppi segreti di facebook, per poi passare a comprare pagine dal deep web, convertendole in strumenti di propaganda", ci racconta. "Proposi aRenzi un progetto che avrebbe per lo meno tamponato il dominio che Grillo e i suoi avevano suinternet, lui accettòalla condizioneche avessi accettatodi lavorare con Jim Messina- ilguruamericanoche aveva curato la comunicazione di Obama e poi la campagna referendaria del Pd- al che io rifiutai."
La sconfitta referendaria, però non sembra cambiare più di tanto le cose, che restano immobili fino al luglio del 2017, quando, dopo la polemicasorta inseguitoal famoso"aiutiamoli a casa loro", Renzi decide di affidare l'immagine del Pd al fedeleMatteo Richetti, affiancato da MarcoAgnoletti, già suoportavocequandoeraancorasindacodiFirenze. Èproprioallora, che a Renzi arriva una proposta: uningegnere aretino, vicino al Pd, elabora un programma avanzato di raccolta dati, Margot, ilRousseau piddino che avrebbe permessoal partitodi gestire più facilmente il database di elettori esimpatizzanti Pd. Unsistemalegaleed efficacedi targhettizzazione, che però il segretarioPdnonhavolutoutilizzare. Autoreferenzialità, l'elemento che torna, costante: "Io la comunicazione me la facciodasolo", ha ripetuto più volteRenzi ai suoi, che lo invitavano ad un cambio di rotta. EineffettiAgnoletti, di quel piano comunicazione sembra sapere ben poco: "Io Margot non l'ho mai sentita nominare."
La confusione regna quindi sovrana in casa Pd, mentre dalle parti di Arcore. le cose non vanno tanto meglio. Sempre Comandini, rivela di aver avvisato Berlusconi del pericolo già nel 2014: "Fui il primoinItalia adusareFacebook comemezzo di campagna elettorale, curando quella diAntonioTajani. Feci arrivare a Berlusconi un dossier, in cui spiegavo come intervenire per combattere il dominio dei populisti sul web." Ma poi accusa: " Non mi ha mai ascoltato o forse Tajani non ha volutopassargli quel documento"… ◀