Di Maio e Salvini pronti per il gioco a premier In palio c’è palazzo Chigi
Schermaglie continue far i due leader in corsa per ricevere l’incarico di formare il governo ma sanno che Mattarella sceglierà solo chi potrà disporre una maggioranza parlamentare
▶ ROMA - E ora si prendono le misure. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sentono, si messaggiano, si vedranno la prossima settimana “prima delle consultazioni al Quirinale...” forse anche nella giornata di Pasquetta, ma come nel più classico gioco di ruoli, prima si incontrano e poi si scontrano.
A una settimana esatta dall’inizio degli incontri al Quirinale, quella che fino a sette giorni or sono sembrava la l’alleanza perfetta in termini di numeri e, perché no, anche di coincidenze di programma, ora vacilla, si piega, a tratti si trova davanti a un baratro. Il leader della Lega non ha di certo apprezzato la posizione del capo politico pentastellato, che dopo il suo passo di lato, anziché seguire la via della concertazione ha invece rilanciato la sua posizione forte di un 32 per cento di volontà popolare che lo vorrebbe a palazzo Chigi.
I toni si fanno più accessi e mentre Salvini gioca al poliziotto buono, alla ricerca di una soluzione condivisa
“che porti al Parlamento a essere piena- mente operativo al più presto” Di Maio non ci sta e sul completamento dell’ufficio di presidenza del Senato l’unica cosa che concede è proporre un solo nome per vicepresidenti, questori e segretari; come dire “se volete che il Pd sia della partita, i loro nomi votateli voi”. Nessun punto d’incontro e il leghista attacca: “Ma da solo Di Maio dove va... Voglio vederlo trovare 90 voti in giro, che dalla sera alla mattina si convincono. E poi 50 voti sono molti meno di 90”. Non si fa attendere la replica del capo politico grillino che con un tweet gela il leader del Carroccio: “Salvini dice che gli bastano 50 voti. Vuole fare il governo con i 50 voti del Pd di Renzi in accordo con Berlusconi? Auguri!”. Solo schermaglie? Questo lo si vedrà quando i due leader politici si siederanno nello studio alla Vetrata per parlare con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: è lì che veramente ci sarà la prova dei fatti. E su questo argomento Salvini conferma che la coalizione andrà separata al Colle: “Io vado da solo. Così ha scelto il centrodestra, per la prima volta va bene così...poi vediamo”. Allo stato il leghista veste l’abito del mediatore, di quello che per il bene del Paese si defila dal ruolo di guida di un pos- sibile esecutivo, che cerca di comporre un Parlamento in cui tutti siano davvero rappresentati, mentre Di Maio resta fermo nel nell’abito che il Movimento 5 stelle gli ha cucito addosso: nessun patto, nessun compromesso e soprattutto nessuna alleanza. Se deve esserci sostegno di altri a un governo 5 stelle deve essere attorno al programma, alla squadra di governo che il Movimento ha già preparato e che “l’elettorato ha premiato in termini di voti” fanno sapere fonti grillini. Il problema è però che entrambi gli attori in campo sanno benissimo di non poter dare vita a un esecutivo senza che ci sia un’altra forza pronta a sostenerli. Ecco allora il ruolo del Partito democratico “corteggiato” come dice lo stesso Matteo Orfini sia da Salvini che da Di Maio.
Il messaggio del Quirinale è stato chiarissimo, già quando il 28 marzo sono state sciolte le Camere: senza una maggioranza parlamentare, niente incarico. E Salvini resta fermo su questo paletto: “Vado in Parlamento se sono consapevole che una maggioranza la posso trovare. Non accetto l’incarico al buio, non voglio far perdere tempo” ma la possibilità che questo accada con il Pd “è difficile . Con i 5 stelle sono ben disponibile a dialogare”. L’accordo con Di Maio resta la prima scelta, ma su questo pesa la presenza di Silvio Berlusconi, su cui il Movimento non intende indietreggiare. Il Cav deve essere messo da parte, ma su questo il senatore leghista si è già espresso: “Se i rapporti interni al centrodestra sono sempre granitici? Ogni giorno che passa sempre di più. Stiamo passando da granitici a marmorei”. Ecco allora che i due protagonisti cinguettano con il Pd che pur all’opposizione potrebbe offrire un appoggio esterno all’uno o all’altro componente politico.
Peccato che Matteo Orfini interrompa e duramente “l’affettuoso corteggiamento” e assicura che “coi voti del Pd non farete alcun governo perché i nostri parlamentari staranno all’opposizione. Buon proseguimento”. E dal Nazareno (renziano) arriva anche secco il no alle prove di dialogo avanzate dai pentastellati. E va in fumo così anche il tentativo di mediazione di Graziano
Delrio. ◀