Pd va alla conta Il M5s aspetta
Pd Maurizio Martina
Dopo 50 giorni senza un governo bisognava dare un segnale al Colle e al Paese. Movimento 5 Stelle e Partito democratico, però, sembrano essere andati anche oltre, aprendosi reciprocamente la porta per la formazione di un governo che solo poche settimane fa sembrava impossibile. Nella stanza del presidente della Camera, Roberto Fico, incaricato dal Quirinale di verificare l’esistenza di una maggioranza parlamentare tra prima e seconda forza politica, il segretario reggente dei dem, Maurizio Martina, e poche ore dopo il capo politico dei pentastellati,
Luigi Di Maio, hanno dato la propria disponibilità a sedersi al tavolo delle trattative per il “contratto alla tedesca” su punti programmatici condivisi, e digeribili dai rispettivi elettorati. Per ora le trattative sono in una fase iniziale, ma i presupposti appaiono positivi. Come prima condizione per intavolare qualsiasi discorso, infatti, il responsabile del Nazareno ha chiesto che fosse sancita pubblicamente la fine di ogni dialogo con Salvini. Richiesta subito accolta dal giovane leader cinquestelle: “La Lega ha deciso di condannarsi all’irrilevanza per il bene del suo alleato (Berlusconi, ndr), invece che andare al governo per il bene degli italiani”, dunque “in modo ufficiale qualsiasi discorso con il Carroccio si chiude qui”. Resta invece la distanza sul secondo paletto imposto dalla delegazione democratica, quello sulla premiership, che il M5s rivendica ancora per Di Maio, ma che stavolta il capo politico ha evitato accuratamente di menzionare nel suo speech, per non creare tensioni che rischierebbero di indebolire il canale di comunicazione appena aperto. Un altro gap, ma non insuperabile, è quello relativo agli argomenti che un eventuale governo M5s-Pd dovrebbe af- frontare. Perché Martina non vuole che venga smontato il lavoro fatto da Renzi e Gentiloni negli ultimi 5 anni e quindi chiede che “l’asse di riferimento fondamentale” sia il programma dem dell’ultima campagna elettorale. Mentre Di Ma- io rilancia i cavalli di battaglia pentastellati: “Costi della politica, ambiente, reddito di cittadinanza, lotta al business dell’immigrazione, pensioni e aiuti alle imprese e lotta alla corruzione”. Di temi, ad ogni modo, se ne parlerà in un secondo momento. Salvini nel frattempo incassa il destro ricevuto da Di Maio, ma non abbandona la partita: “Amoreggiare con Renzi e il Pd, pur di andare al potere, mi sembra irrispettoso nei confronti degli italiani e dei propri elettori. Se vuole smettere di polemizzare e aiutarmi a ricostruire questo Paese io, come leader del centrodestra, sono pronto”. Anche se il “forno” è ormai spento, il leader leghista sceglie comunque di stare alla finestra, mentre Berlusconi quasi snobba il M5s, ora che il pericolo di vedersi “scippare” l’alleato sembra scampato. Il condizionale, però, è quantomai d’obbligo in politica, dove quello che oggi è sicuro domani può svanire nel nulla.