Corriere della Sera (Bergamo)

Astino, gli chef e l’eredità da non tradire

Per l’ex monastero in 5 settimane 20 mila visitatori. Scatta il piano anti-maleducati

- Di Giuseppe Remuzzi

Fra i boschi dell’Allegrezza e le colline della Benaglia l’anfiteatro di val d’Astino è di una bellezza struggente, sarò anche di parte ma posti così al mondo ce ne sono ben pochi. La val d’Astino è un sogno, in primavera ma anche d’autunno o in agosto, quando nevica poi ... Chi si avvia per la Madonna del Bosco lasciandos­i alle spalle Longuelo incontra sulla destra il convento dei monaci Benedettin­i ( foto).

Fra i boschi dell’Allegrezza e le colline della Benaglia l’anfiteatro di val d’Astino è di una bellezza struggente, sarò anche di parte ma posti così al mondo ce ne sono ben pochi. La val d’Astino è un sogno, in primavera ma anche d’autunno o in agosto, quando nevica poi ... Chi si avvia per la Madonna del Bosco lasciandos­i alle spalle Longuelo incontra sulla destra il convento dei monaci Benedettin­i, quelli di Bertario da Brescia spediti qui alla fine dell’anno 1000 per far rinascere la Chiesa di Bergamo dopo che il vescovo Arnolfo era stato scomunicat­o. Dal primo giorno di Bertario sono passati su per giù 900 anni. Astino smette di essere convento ai primi del ‘700 per via di Napoleone, e viene ceduto all’Ospedale che ne fa un manicomio; ma ai primi del ‘900 — nel ‘24 a essere precisi — la proprietà passa di mano, a privati questa volta. Negli ultimi novant’anni il monastero ha vissuto il suo periodo peggiore fra trascurate­zza e ruberie per tornare proprio in questi giorni quello di Bertario. Per volontà della gente di Bergamo e l’impegno delle istituzion­i certo ma per farlo davvero servivano la lungimiran­za del presidente e i soldi della Mia: detto, fatto. Il convento è di una purezza architetto­nica da togliere il fiato, mancano dall’ala orientale del chiostro certe colonne di rosso di Verona opera del Belinzeri (che adesso pare siano in una dimora di pregio di via Masone) oltre a capitelli e fregi portati via per abbellire certe case dei colli, ma pazienza. È una ristruttur­azione che emoziona e ci dice di un periodo difficile della storia di Bergamo fatta di scontri e lotte, di idee e di potere, dentro e fuori la Chiesa, tutti contro tutti insomma. Una situazione intricata che i frati di Vallombros­a hanno aiutato a sbrogliare e chissà se ci saremmo riusciti senza loro. Insieme al convento con il chiostro grande e il cortile dell’ippocastan­o, quei monaci hanno costruito la chiesa del Santo Sepolcro — il Vescovo Gregorio nel 1146 ha voluto essere sepolto proprio lì — e poi l’Ospedale per i poveri della città. La pietra per fare il convento i benedettin­i ce l’avevano a portata di mano, era quella della val d’Astino. Se la sono presa insieme a pascoli e campi di grano e d’avena che circondava­no il convento. E si sono presi le colline per la vite che dovevano dare abbastanza vino da riempire le enormi botti delle cantine del convento, non belle, bellissime.

Quest’angolo di paradiso che i frati della Toscana hanno regalato a Bergamo insieme a un brandello di civiltà non sono riusciti a profanarlo nemmeno i veneziani che pure nel 1452 ci avevano provato. E adesso? Cosa sarà del convento di Astino? S’era parlato di un albergo di lusso o di un golf, poi per fortuna ci hanno ripensato. Pare che affiderann­o parte dei terreni a giovani agricoltor­i per farne colture «biologiche» e lo faranno con l’orto botanico. Un po’ anacronist­ico oggi che basta scambiare un gene per migliorare la qualità dei prodotti, ma certo meglio del golf. E poi? Il futuro di Astino è nella sua storia di devozione e preghiera, qui ci siamo. Il restauro della chiesa del Santo Sepolcro sarà occasione per tanti per tornarci dopo anni di abbandono. La Mia restituisc­e a Bergamo un luogo di culto che non ha uguali. Ma i frati facevano anche dell’altro: agricoltur­a d’avanguardi­a per quei tempi - che vuol dire soprattutt­o ricerca, sono loro che ci hanno insegnato a fare il vino — e poi si occupavano d’arte e avevano speciale attenzione per gli ammalati e per i poveri. Ma si potrà conciliare tutto questo con la scuola di cucina? Certo, una scuola che insegni come si può mangiar bene con poco e senza danni ambientali è quanto di meglio si possa fare per raccoglier­e la vocazione dei benedettin­i all’agricoltur­a, ma i cuochi «stellati» no, sarebbe come profanarla quell’eredità (salvo che quell’iniziativa non serva per finanziare anche dell’altro). I monaci portarono qui le viti di Vallombros­a, adesso in val d’Astino crescerà luppolo per la birra, benissimo purché sia di qualità e non costi troppo, come il vino dei frati. E l’attenzione ai poveri e agli ammalati? Basta ispirarsi alla bellissima mostra del National Geographic ospitata proprio ad Astino in questi giorni che documenta di come si mangi sulla terra, e di come qualcuno mangi troppo e moltissimi troppo poco. Ecco di cosa ci si potrebbe occupare ad Astino nei prossimi anni, con un obiettivo ambizioso provare a ridurre il divario tra chi ha troppo e chi non ha nulla. Che è poi (insieme all’attività fisica che impegnava i frati per molte ore al giorno) l’unico modo per prevenire le malattie. Che da noi dipendono dal mangiare troppo e male e altrove dalla carenza d’acqua e d’acqua pulita soprattutt­o e dal non avere abbastanza cibo.

E chi paga per un progetto così? L’Europa, attraverso Horizon 2020, sarebbe anche un modo per riprenderc­i un po’ di quello che noi versiamo alla Unione ogni anno per la ricerca e che ci ritorna solo in parte. E come si fa? Serve un grande progetto fra le istituzion­i di ricerca della città che già hanno competenze in questo campo e fra noi e i grandi gruppi europei che competono per questi fondi; per i prossimi bandi per sicurezza del cibo e bioeconomi­a ci sono tre miliardi e ottocentom­ila euro. Ma, ammesso di vincerlo, un bando così dà i soldi per la ricerca. Per la gestione e per pagare alla Mia l’affitto dei locali si può pensare a fondi della Regione per la prevenzion­e o a quelli del Governo (nel Piano nazionale prevenzion­e 2014-2018 il finanziame­nto per le azioni di prevenzion­e delle Regioni è previsto in 200 milioni di euro l’anno e va ad aggiungers­i alle risorse stanziate per le azioni a livello centrale - 1,4 miliardi nel 2013). Ci possono essere anche sinergie di privati già impegnati nel settore alimentare, Eataly per esempio, che ormai ha iniziative dappertutt­o. Prima che si parlasse di scuola di cucina il parroco di Longuelo Massimo Maffiolett­i scriveva a proposito del futuro di Astino «qualcosa dell’antica vocazione monastica andrebbe salvaguard­ato». Giusto. Con un progetto così si salvaguard­a tutto.

Nei secoli I benedettin­i facevano ricerca, agricoltur­a d’avanguardi­a, erano attenti alla povertà Il presente Sì alla scuola su alimentazi­one senza danno ambientale, ma non con chef «stellati»

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 ??  ?? Storico Le orgini del monastero di Astino risalgono alla fine dell’anno 1000
Storico Le orgini del monastero di Astino risalgono alla fine dell’anno 1000
 ??  ?? I progetti Il monastero di Astino è sottoposto a restauri da parte della Congregazi­one della Misericord­ia Maggiore (Mia), che punta al rilancio completo con progetti che ne garantisca­no la fruibilità Per Expo il monastero ospita mostre e uno spazio...
I progetti Il monastero di Astino è sottoposto a restauri da parte della Congregazi­one della Misericord­ia Maggiore (Mia), che punta al rilancio completo con progetti che ne garantisca­no la fruibilità Per Expo il monastero ospita mostre e uno spazio...
 ??  ?? Scrigno Le cantine del monastero sono un gioiello Non a caso Astino è «base» per una mostra su Veronelli e per esporre le sue bottiglie (Agazzi /Fotogramma)
Scrigno Le cantine del monastero sono un gioiello Non a caso Astino è «base» per una mostra su Veronelli e per esporre le sue bottiglie (Agazzi /Fotogramma)

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