«Ucciso, pochi 14 anni» Minacce dei parenti in aula
Quattordici anni per l’omicidio di Capodanno, in albergo a Trescore. Quando il giudice ha letto la sentenza, calcolo matematico da codice, la famiglia di Hassan Mahsouri, la vittima, è insorta. Minacce dal fratello: «Le farò vedere io che cosa significa questa pena».
Il giudice legge la sentenza e in aula si incendia la protesta. Pesante. Urla, ma non solo. I familiari di Hassan Mahsouri, 31 anni, disabile, non accettano che Rahma El Mazouzi, la donna di 37 anni che l’ha ucciso a coltellate la notte di Capodanno 2014, sia stata condannata a 14 anni. Si spingono verso il giudice dell’udienza preliminare Ezia Maccora che ha preso la decisione. Il contatto viene evitato perché di mezzo ci si mettono tre agenti della polizia penitenziaria. Altri arrivano dall’aula accanto, altre udienze e altri imputati. «Le farò vedere io cosa vuol dire questa pena», urla al giudice il fratello della vittima. È in aula con tre sorelle, la mamma e il papà. Una di loro grida: «Ho studiato, in Italia neanche per un furto 14 anni». Un’altra: «Incitate a uccidere, in Italia si può uccidere». La madre si butta per terra, nel corridoio. I cancellieri chiedono rinforzi. Le guardie giurate del servizio di vigilanza del tribunale accorrono. Quella che di solito sta al secondo piano, fuori dalle aule dei gup, non c’è per la riduzione del personale (tre in servizio) nel periodo natalizio. Meno udienze, meno esigenze di controllo. Salvo imprevisti, però, com’è ieri all’udienza extra del gup Maccora. Il ragazzo che l’ha minacciata è stato subito identificato, in aula. Gli altri familiari sono stati mandati fuori dall’aula — il giudice è rimasto al suo posto, come il comandante che non abbandona la nave in caso di pericolo — e poi sono stati accompagnati in un’altra al piano terra. Nel frattempo era stata chiamata la polizia, due Volanti, che li hanno identificati tutti. È probabile che saranno denunciati per oltraggio e minacce al giudice.
I 14 anni più 50.000 euro di provvisionale per ciascuno dei sei familiari decisi dal giudice sono il risultato di un conteggio matematico indicato dalla legge. Per l’omicidio si parte da un massimo di 24 o 21 anni. Il giudice ha scelto 21 per il contesto di difficoltà dell’imputata, allo sbando e dall’arresto in uno stato catatonico. «Mi aveva detto che mi avrebbe sposata», aveva detto ai carabinieri. L’imputato ha scelto il rito abbreviato che permette lo sconto di un terzo della pena. Così, 21 anni meno un terzo, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della disabilità della vittima, fanno 14. Saranno pochi per chi non ha più un suo caro. Ma sono da codice penale. Lo stesso pm Fabio Pelosi, l’accusa, ne aveva chiesti 16. Nota a margine: aveva anche chiesto al gup di sollevare l’incostituzionalità dell’aggravante della disabilità perché discriminatoria. Evidentemente è stata respinta.