Licenziato per la pipì, riassunto
Tra dieci giorni il professor Rho di nuovo in classe: trovato l’accordo con il ministero
Entro dieci giorni Stefano Rho tornerà a scuola. Il professore, licenziato per una vecchia ammenda non menzionata al momento dell’assunzione (nel 2005 era stato sorpreso mentre faceva pipì in un cespuglio di Averara), ha ottenuto il reintegro e il pagamento degli stipendi arretrati. Il provvedimento ai suoi danni, però, resta valido per l’anno dell’autocertificazione contestata.
Al docente saranno riconosciuti gli stipendi non pagati e un quarto delle spese legali Fuori dal tribunale Rho è stato accolto da quattro studentesse che hanno festeggiato
Applauso delle studentesse. Sono Gloria, Irene, Martina e Gioia: 4C. Poi il professor Stefano Rho si lascia il tribunale alle spalle. Attraversa la strada, fa per andare da loro. Ma prima dei saluti, prima del «posso abbracciarla, prof?», si ferma un furgone. Il finestrino s’abbassa e sul lato del passeggero un vecchio alunno, pure lui, vuole sapere com’è andata. «Bicchiere pieno», è la sintesi dell’avvocato Yvonne Messi. Lui, l’insegnate di filosofia licenziato per la pipì fatta in un cespuglio 11 anni fa, ad Averara, notte di Ferragosto, invece, è un po’ meno entusiasta.
Entro dieci giorni, cioè dopo le vacanze di Pasqua, tornerà alle sue nove classi del liceo linguistico Falcone, «e intendiamoci sono contentissimo — premette —, però è stata una vittoria mutilata». Conciliando («non potevo permettermi di fare altrimenti», precisa), il Ministero ha accettato sì di reintegrarlo, di restituirgli gli stipendi sospesi da gennaio, di sostenere un quarto delle spese legali. «In questo modo però — commenta lui — il giudice non è sceso nel merito della legittimità del provvedimento». Che infatti non è stato annullato, solo limitato all’anno scolastico 2013-2014, cioè il periodo di lavoro al quale si riferiva l’autocertificazione contestata. Breve riassunto delle puntate precedenti: pizzicato dai carabinieri quella famosa notte in Val Brembana, Rho un anno dopo si era ritrovato di fronte al giudice di pace di Zogno che lo aveva condannato a un’ammenda di 200 euro. Pensava fosse finita lì. Così, il 2 settembre 2013, conquistato un contratto, al momento dell’assunzione aveva omesso di segnalare il «misfatto». Era in buona fede e comunque il precedente non sarebbe stato di ostacolo, tanto che il dirigente scolastico Patrizia Graziani si era limitata a una censura, che è poco più di un richiamo. Ma nel 2015 si era fatta viva la Ragioneria di Stato che, sulla base di una delibera della Corte dei Conti, aveva ordinato il licenziamento, arrivato il 26 gennaio scorso: « Mi sono presentato a scuola — racconta Rho — e non mi hanno fatto entrare. Purtroppo con la conciliazione non solo ho perso un anno della mia vita lavorativa, perché quel periodo di supplenza non mi sarà più conteggiato (resterà comunque di ruolo, ndr), ma non ho potuto dimostrare quanto il provvedimento non abbia nessuna giustificazione plausibile. La norma è sbagliata e va rivista». Dopo il clamore suscitato dalla sua vicenda, il parlamento ci sta lavorando. «Continuerò a impegnarmi. In questi mesi sono venuto a conoscenza di casi assurdi almeno quanto il mio con la differenza che spesso i colleghi coinvolti vivono situazione di maggiore precarietà».
«Posso un abbraccio, prof?». L’abbraccio c’è. Seguono le interviste, le strette di mano, il caffè. Alla fine, Rho riprende la bici e si incammina. Ha passato la giornata con le sue tre bimbe e il tiramisù preparato per la festa.
Gli arretrati
L’esultanza Per quanto potrò, mi impegnerò a tenere alta l’attenzione. In questi mesi sono venuto a conoscenza di casi assurdi almeno quanto il mio. Spesso i colleghi coinvolti vivono in condizioni di grande precarietà Stefano
Rho