Quel biondissimo nipote del commissario Calabresi
Stefano Rho non è solo il prof della pipì nel cespuglio. È anche nipote del commissario Luigi Calabresi (nella foto). La sua infanzia in Africa è raccontata in un libro di Mario Calabresi.
La storia Nel suo ultimo libro Mario Calabresi racconta il legame con il cugino Stefano Rho
Il ritorno Due anni fa Stefano Rho è tornato in Africa insieme al cugino Mario Calabresi
Tutti, da settimane, conoscono Stefano Rho come il prof licenziato per la pipì nel cespuglio. Ma è solo l’ultimo pezzo di una storia iniziata lontano, in Africa. Perché Rho è nato in Uganda , dove suo padre Gianluigi e sua madre Mirella Capra facevano i volontari per l’organizzazione Medici con l’Africa Cuamm. Una scelta d’amore raccontata nel libro «Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa» dal direttore di Repubblica, Mario Calabresi, che è cugino di Rho ( Mirella Capra è sorella di Gemma, vedova del commissario Luigi Calabresi, ucciso da un commando di Lotta Continua nel 1972).
Nel libro, Calabresi racconta la storia dei suoi zii, lui ginecologo, lei pediatra, due giovani degli anni Settanta che, dopo la laurea in medicina, partono da Milano per aprire un ospedale a Matany, in Uganda, con i soldi (4 milioni e mezzo di lire) ricevuti come regalo di nozze. In Africa nascono i tre figli dei coniugi Rho: oltre a Stefano, la primogenita Lucia e il più piccolo, Marco. Calabresi racconta di quei cuginetti che vedeva, su qualche rara fotografia a casa dei nonni, intenti a giocare nelle pozzanghere con i bambini neri. Un anno, a Natale, si materializzano. «Erano biondissimi e avevano i pantaloni corti, mentre io portavo un loden fin sotto il ginocchio — racconta Calabresi —. Parlavano tra loro in una lingua incomprensibile, il nonno disse che era il dialetto acioli. Tutti i parenti cercavano di abbracciarli e baciarli, anche se erano praticamente degli sconosciuti, ma loro sfuggivano alla presa e correvano da ogni parte». Gianluigi e Mirella restano in Uganda dal 1970 al 76. Poi ripartono per altri due anni, dall’82 all’84, perché il richiamo dell’Africa è troppo forte. I bambini si inseriscono bene a scuola, un mondo dove si va con la divisa e, per chi sgarra, ci sono le bacchettate. Per tutti, tranne che per quegli unici alunni bianchi, che non vengono mai puniti. Fino a quando decidono di far così tanto caos per guadagnarsi anche loro i colpi di bacchetta sulle gambe e non sentirsi più esclusi. Quando Lucia, la più grande, compie dodici anni è l’unica bambina che continua a studiare. Le altre lavorano nei campi e sono promesse spose a uomini molto più grandi di loro. Poi i coniugi Rho tornano in Italia. Avevano già chiesto troppo ai figli. Gianluigi rifiuta un posto importante in un ospedale di Milano. Va a fare il medico di base in Val Brembana, a Cusio, a Santa Brigida e ad Averara. È qui che Stefano Rho, la sera di Ferragosto 2005, è stato sorpreso dai carabinieri a fare pipì su un cespuglio. Nelle valli della Bergamasca, la famiglia Rho ha continuato a fare quello che ha imparato in Africa. Mirella, ora in pensione, ha lavorato in valle come pediatra. Gianluigi, scomparso nel 2012, è stato anche sindaco di Piazza Brembana. Ha fatto prima il medico di famiglia e poi si è dedicato agli anziani del Centro Don Palla di Piazza Brembana. Sempre con il pensiero all’Uganda. «Dell’Africa conservo tanti bei ricordi, soprattutto del secondo periodo, quando ero più grande», dice ora Stefano Rho che, due anni fa, è tornato nel paese in cui è nato. «Ci sono stato con mio cugino Mario — dice —, siamo andati a Matany». E Calabresi lo scrive. Spiega che è andato in Uganda per vedere le conseguenze di una lista nozze, quella dei suoi zii. Per capire cosa è rimasto. «Con me — racconta — c’è Stefano, mio cugino, quel biondissimo figlio di Gigi Rho, che non è mai più tornato nella casa dei primi quattro anni della sua vita».