Quel dentista abusivo con Jaguar, villa e reddito da 10 euro
L’INDAGINE TRE STUDI CHIUSI
Non serve fare «pubblicità» agli studi. Ora sono chiusi e comunque chi doveva sapere, cioè i pazienti, sono già stati interrogati. Uno a uno. Fra le centinaia di storie colpisce quella di una ragazza di 33 anni a cui l’odontoiatra improvvisato dentista non ha lasciato neanche un dente. «Mi diceva che dipendeva dalla conformazione della mia bocca», si è sfogata con i finanzieri del gruppo di via Cassina. Impianti inutili, capsule montate senza le cure necessarie, bambini, anche loro, finiti sotto i ferri di chi non aveva titoli e a fare assistenza, nei panni dell’igienista dentale, si portava pure la moglie casalinga. Gli investigatori parlano di «galleria degli orrori». Alcuni clienti sapevano, si fidavano e pagavano in nero, altri erano convinti di avere a che fare con medici. Tutti si facevano allettare dai prezzi stracciati (anche meno della metà rispetto ai listini normali), che però erano bilanciati dalla quantità delle prestazioni. In definitiva, i finti dentisti guadagnavano come quelli veri.
Dopo tre anni di lavoro, 25 professionisti controllati, una montagna di contabilità esaminata e tre fascicoli distinti aperti in procura (con i pm Giancarlo Mancusi, Carmen Pugliese e Fabio Pelosi), le Fiamme gialle hanno denunciato dieci persone per esercizio abusivo della professione medica. Sulla carta un odontotecnico non può nemmeno prendere le impronte. Loro, è l’accusa, facevano tutto. Il primo caso ruota intorno a E. M., 40 anni, odontotecnico di Treviolo, con il laboratorio abusivo aperto da vent’anni: lo aveva ereditato dal padre. In un capannone senza targhe né autorizzazioni da una parte produceva e vendeva protesi e materiale vario a un centinaio di clienti, professionisti e non. Dall’altro, aveva sistemato due poltrone dove accoglieva i pazienti, aiutato da un odontotecnico recidivo (era già stato denunciato per lo stesso reato) e un odontoiatra ritenuto compiacente. Sul piano fiscale il 40enne non era da meno. Stando ai controlli effettuati, avrebbe presentato la dichiarazione dei redditi una sola volta, nel 2010, per denunciare 10 euro. Proprio così, dieci. Per lui è stato chiesto il sequestro preventivo per equivalente ai fini della confisca per 2 milioni di euro. Nell’elenco dei beni, la villa a Treviolo e cinque auto, tra le quali una Jaguar e una Porsche Cayenne. Dovrà rispondere anche per l’omessa comunicazione al ministero della Salute di inizio attività (le sanzioni vanno dai 21 mila ai 128 mila euro).
Per il laboratorio, inattivo, è stato chiesto il sequestro così come per gli altri due studi finiti nel mirino: uno in centro a Bergamo e l’altro a Ponte San Pietro. Se per Treviolo è stato l’esposto di un paziente ad allertare la Finanza in questi casi tutto è partito da una verifica fiscale. Indagando su un odontotecnico, a catena, si è arrivati agli altri. I tre odontotecnici denunciati in città (M. R., 62 anni, R. C., 63, e A. S., 63) si nascondevano dietro a una dentista di origini serbe, M. K., 49 anni, laureata, sì, ma sempre assente. In sostanza, avrebbe solo prestato il suo titolo (è stata denunciata). Uno di loro si portava in studio la moglie casalinga, U. B., 64 anni, che faceva da assistente (anche lei denunciata). Un altro, da un certo punto in poi, ha collaborato: aveva accettato quel posto, sostiene, solo perché non trovava altro. A Ponte San Pietro i denunciati sono M. S., 47 anni, L. R., 52, A. L, 54, e P. L., 33, questi ultimi zio e nipote. È stata calcolata un’evasione di altri due milioni di euro (su entrambi gli studi), 900 mila scoperti in un software installato per gestire la contabilità parallela.