ORIO, IL PREZZO DELL’ORGOGLIO
In questi casi bisogna soltanto ringraziare il Cielo – chi ci crede – o il caso, e chiudere tutti i discorsi. Che un aereo atterri in tangenziale (a Orio ha l’imbarazzo della scelta: nel giro di pochi metri, abbiamo accatastato alberghi, megacentri commerciali, autostrade, tangenziali, centri abitati), che un aereo su 74 mila (all’anno) atterri in strada e non falci vite umane è un gran bel risultato. Tutto il resto – prevenzione, sicurezza, soccorso – lascia il tempo che trova. La verità è una sola: abbiamo voluto l’aeroporto a due passi da Porta Nuova, l’abbiamo ampliato e ingigantito in spazi ristretti, continuiamo ad allargarlo compiaciuti dei numeri esaltanti (voli, passeggeri, merci, utili, occupazione, indotto), ma dobbiamo sapere che ogni cosa ha il suo prezzo. Il prezzo di Orio, della gemma di cui andiamo fieri (terzo in Italia, dopo Fiumicino e Malpensa, siamo proprio ganzi!), il prezzo di tanto orgoglio è a tutti noto: rumori assordanti sull’intera città e da manicomio in alcuni quartieri, passaggio di gentaglia come trafficanti e terroristi, infine proprio l’incidente che ci è capitato, in modo così lieve e lieto, l’altra notte. Chiuderla con un bel sospiro di sollievo e passare oltre è la strada che seguiremo anche stavolta: senza morti, in Italia, per noi sono cose che capitano, non facciamola tanto lunga, la vita continua. Con i morti andremmo avanti mesi e mesi a spararne di tutti i colori, dirette tv a ciclo continuo e tutti quanti a dire cosa bisogna fare, sorvolando sull’unico fatto immodificabile, e cioè che ormai Orio è qui, così come l’abbiamo fatto e desiderato, con il suo inevitabile cargo di rischi e di inconvenienti. Nella vita non si può avere tutto: noi abbiamo scelto lo sviluppo forsennato e remunerativo, inevitabile che su tanti atterraggi e decolli una volta ogni tanto a qualcuno scappi un piede. Dell’intera vicenda, grave e clamorosa, di quest’aereo in tangenziale, io terrei veramente per buona solo una frase, pronunciata da Emilio Bellingardi, direttore Sacbo: «Da tanti anni lavoro qui, ma mi stupisco ancora di che gente siete voi bergamaschi: dopo due secondi vi rimboccate le maniche, cominciate a lavorare e risolvete i problemi». Il riferimento è alla rimozione della carcassa. Inutile la falsa modestia: nelle fatiche del lavoro, nella generosità dell’aiuto, nella concretezza degli interventi siamo ai massimi vertici nazionali, e forse pure mondiali. Poche chiacchiere e pedalare, così siamo noi. È il nostro pregio migliore. Indiscutibile. Ogni tanto, però, appoggiare il badile e alzare la testa per qualche ragionamento non fa male a nessuno. A Orio, su Orio, purtroppo siamo fuori tempo massimo.