Corriere della Sera (Bergamo)

Fa pipì per strada, multa da 3.333 euro

Verdello, automobili­sta sanzionato dalla polizia locale. Depenalizz­ato, ma rischia il triplo

- G.U.

Fino a gennaio si sarebbe preso una denuncia penale, anche se oblabile, cioè il reato si estingue pagando. Invece gli atti contrari alla pubblica decenza sono stati depenalizz­ati. Ma questo non significa che fare pipì ai bordi della strada non faccia passare dei guai. Anzi, ne provoca di salatissim­i. Lo sa bene il bresciano di 57 anni che si è fermato vicino al parcheggio di un negozio di articoli per la casa, sulla strada provincial­e Francesca, accanto alla sua Fiat Grande Punto. Erano le 23 di qualche sera fa, a Verdello. La polizia locale ha notato l’uomo vicino al grande negozio tutto a vetrate. Si è insospetti­ta pensando che si aggirasse con cattive intenzioni. Invece l’automobili­sta senza farsi troppi scrupoli ha «confessato» perché si era fermato, forte forse della depenalizz­azione. Ma poi si è dovuto prendere la batosta del multone.

Gli atti contrari alla pubblica decenza saranno anche depenalizz­ati, ma restano pur sempre un illecito amministra­tivo. Il conto è più alto di una serie di bollette infilate una dietro l’altra. I 3.333 euro sono ancora pochi rispetto a quelli che il cinquantas­ettenne rischia di pagare. Il minimo infatti è di 5.000 euro, il massimo è di 10.000. Il pagamento, se avviene entro 30 giorni, è nella misura ridotta di un terzo del massimo. L’automobili­sta può sempre fare ricorso al prefetto avanzando le sue eventuali ragioni che lo esonerereb­bero dal mantenere un comportame­nto decoroso sul suolo pubblico. Se lo perde, però, rischia di pagare ancora di più. Soldi che non finiranno nelle casse del Comune di Verdello, come nel caso delle multe per infrazioni del codice della strada, ma in quelle dello Stato.

Non sarà il primo e nemmeno l’ultimo uomo che proprio non ce la fa ad arrivare fino a casa. Ma a qualcuno un episodio del genere, pur con altri risvolti, era costato il posto di lavoro. Al professor Stefano Rho, che per aver fatto pipì in un cespuglio, nel 2006, ad Averara, comune di 202 anime in Val Brembana, era stato condannato dal giudice di pace al pagamento di 200 euro di ammenda. Guaio che non lascia traccia nel casellario. Anni dopo, infatti, nell’autodichia­razione per insegnare Filosofia non l’aveva dichiarato, ma si era preso un’accusa di falso perché nel casellario delle amministra­zioni pubbliche risultava anche quel piccolo episodio. Lui ha presentato ricorso. Licenziato, riammesso a scuola con un accordo, per il falso alla fine è stato assolto.

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Super verbale Per un «bisogno» sul suolo pubblico

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