Corriere della Sera (Bergamo)

«Stregato dal bimbo africano In Senegal porto medicine»

Ora sull’isola delle conchiglie Carlo Bonacina coltiverà la Quinoa

- di Pietro Tosca

La sua avventura in Africa è cominciata per caso, durante una vacanza in Senegal, quando un bambino in un villaggio gli consegna un foglietto accartocci­ato. All’interno c’è scritto un numero di telefono. Un messaggio in bottiglia lasciato a uno sconosciut­o nella speranza di un aiuto. Uno dei tanti che ogni giorno vengono lanciati ai turisti.

Solo che Carlo Bonacina, 62 anni, quel foglietto se lo porta a casa e non riesce più a staccarsen­e. Ne fa un pensiero fisso fino a tornare in Senegal per fare qualcosa di concreto e aiutare chi può. «Era il 2004 — ricorda — da allora ho cominciato a fare la spola tra Treviglio e il Senegal. Adesso che sono in pensione ci vado tre volte l’anno. E quel bambino ha 17 anni». L’impegno che Bonacina si è assunto è quello di aprire un dispensari­o farmaceuti­co a Joal Fadiouth, un villaggio di pescatori di circa 10 mila abitanti, sull’isola delle conchiglie, un centinaio di chilometri a sud di Dakar. Un posto magico per i turisti stregati dall’architettu­ra a palafitte dei granai e l’utilizzo delle conchiglie come materiali di costruzion­e, ma poverissim­o per chi ci vive. «È l’unico luogo del Senegal dove i cristiani sono la maggioranz­a della popolazion­e, circa il 95%, — spiega Bonacina —, mi appoggio su una piccola missione che sorge al centro dell’isola e sono in contatto con l’abate che ho portato anche a Treviglio in passato».

Proprio a Treviglio l’attività di Bonacina è nota e si è creato un gruppo di persone che l’aiuta a raccoglier­e fondi e farmaci. Anche in città fa il volontario tenendo aperta la chiesa di San Rocco e quando si trovano le porte chiuse, è il segnale che è partito per l’Africa. «Quando dico che vado all’isola delle conchiglie qualcuno pensa “fortunato” — spiega il treviglies­e —. Ma il posto è un paradiso solo per chi viene da fuori. Anche se la natura è rigogliosa i residenti hanno seri problemi a mettere insieme il pranzo con la cena». Joal rimane il primo mercato ittico del Senegal ma il mare che era tra i più pescosi dell’Africa negli ultimi anni ha visto un calo del 75% del pescato a causa della concorrenz­a dei pescherecc­i d’altura cinesi. A farne le spese sono i pescatori tradiziona­li che utilizzano le piroghe. «Si potrebbe compensare coltivando frutta e verdura — aggiunge Bonacina —. Nel paio di mesi in cui mi fermo riesco sempre a creare un orto che produce in abbondanza, anche se innaffiarl­o è un’impresa. Se ci fosse iniziativa privata si potrebbero avviare delle culture e delle aziende di trasformaz­ione, ma non c’è niente. La comunità di Fadiouth è come se vivesse in un mondo a parte. La cultura tradiziona­le è un macigno che pesa come il retaggio del colonialis­mo. Mi capitano persone che pensano di curarsi abbraccian­do un baobab o tamponando le ferite con della polvere raccolta dalla strada. C’è un senso di sconfitta, di un destino segnato. Gli anziani rimpiangon­o il dominio francese. “Si stava meglio allora — dicono — C’era chi si occupava di noi”. Chi cerca un futuro prova a venire in Europa anche se il viaggio può costargli la vita». Bonacina però non si perde d’animo a fine giugno è ripartito per Fadiouth con un progetto.

«Insieme a un agronomo di Vercelli e al gruppo che mi aiuta a Treviglio — spiega — vogliamo impiantare una coltivazio­ne di Quinoa. È un cereale povero ma molto nutriente e non ha bisogno di grandi cure. Viene dal Sud America e la sua produzione è basso costo. Potrebbe fornire un contributo importante per allargare una dieta che è fatta solo di cous cous di miglio e scarti di pesce. Durante questo viaggio raccoglier­ò campioni di terreno per vedere la zona più adatta e comincerò a fare dei test di semina».

L’incontro fortuito Un bambino mi mise in mano un foglietto con un numero di telefono e da allora torno sempre

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