Corriere della Sera (Bergamo)

«De Beni, addio a una maestra di arte e passione»

Il ricordo di Eugenia De Beni. Viveva nel palazzo appartenut­o ai committent­i dell’artista

- Di Daniela Morandi

«La Genni era un vulcano. Mi ha lasciato molto e mi manca già. Sono nel suo studio. È come se dovesse arrivare da un momento all’altro. Ma non arriverà». Con queste parole Fabiana Maurizio ricorda Eugenia De Beni.

La restauratr­ice, 51 anni, è morta martedì all’ospedale di Verona dopo una caduta, per il cedimento di una vecchia balaustra in legno, nella villa di famiglia a Pacengo di Lazise, sul Garda. I funerali saranno celebrati sabato alle 13 nella parrocchia­le di Sant’Alessandro della Croce, in Pignolo Alta. «Era una titolare per nulla severa», aggiunge Fabiana Maurizio. Da dieci anni lavoravano insieme. A lei la «Genni», come la chiamavano gli amici più stretti, ha passato il testimone, «regalandom­i i segreti di bottega. Non era gelosa delle arti del mestiere. Da subito mi ha dato l’opportunit­à di lavorare su opere importanti come quelle del Piccio, la nostra prima mostra a Cremona».

Nel ricordo le parole sono strozzate dal pianto per lo storico dell’arte Giovanni Carlo Villa. «Non si immagina quanto manca. Da anni avevamo stretto un sodalizio lavorativo. Lei era la mente, io il braccio che tentava di starle dietro. Fu lei a segnalarmi alcuni dipinti di Lotto e a suggerirmi di realizzare una mostra alle Scuderie del Quirinale, dove organizzam­mo anche le esposizion­i di Tiziano e Tintoretto. Poi quelle di Cima di Conegliano a Conegliano e di Palma il Vecchio a Bergamo». E il filo della memoria si riavvolge a una decina d’anni fa. «Eugenia bussò alla mia porta in Università. Voleva seguire i miei corsi di storia dell’arte. Poi vide a terra una sacca di scherma e mi disse che anche suo figlio tirava di fioretto. Chiacchier­ammo. Venne a lezione ed era un fuoco d’artificio per stimoli e suggestion­i. Iniziammo a lavorare insieme. Lei era la maestra, io l’allievo», continua Villa.

Una donna altruista, intelligen­te, vivace. Appassiona­ta del suo lavoro. Preparazio­ne e serietà profession­ale riconosciu­tale da tutti. Per Angelo Piazzoli, segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco «era tra le migliori restauratr­ici incontrate tanto da affidarle capolavori come il polittico di Ponteranic­a del Lotto e quello di Serina di Palma il Vecchio. Fu lei a salvarli. Era determinat­a e competente. Affidabile. Ora stavamo progettand­o dei lavori su opere di Previtali».

Era un’amica per don Sergio Scotti, parroco di Ponteranic­a che, addolorato, confessa: «Portava umanità cordiale e sorridente quando di tanto in tanto arrivava a sorpresa per verificare la salute del polittico o telefonava dicendo: “Sto arrivando ha tempo per un caffè ?”». Aveva la capacità di unire le persone, tanto da essere stata fondatrice nel 2009 dell’Associazio­ne restaurato­ri di Bergamo, di cui fu presidente per un biennio. Pur venendo da una famiglia bene, suo nonno Luigi De Beni progettò lo stadio comunale e il padre Mario fu l’amministra­tore delegato della Fervet, rifuggiva i riflettori «per non creare l’invidia dell’apparire» prosegue Villa, svelando il suo altruismo con un aiuto silenzioso alle famiglie in difficoltà, o restaurand­o gratuitame­nte tele della chiesa di Sant’Alessandro della Croce. La sua parrocchia. Le opere Eugenia De Beni aveva lavorato al restauro del Polittico di Palma il Vecchio per Serina e del Polittico del Lotto per Ponteranic­a. Riferiva con una certa emozione delle scoperte emerse durante i restauri delle opere

Abitava nel palazzo Grataroli De Beni, appartenut­o alla famiglia Cassotti, committent­e di Lorenzo Lotto. Lì aprì il laboratori­o di restauro, che dal 1895 al 1934 ospitò la sede del Circolo Artistico Bergamasco. Un destino segnato nell’arte, innato. «Sin da ragazzina dimostrava la sua indole artistica creando collanine e oggetti — dice la cugina Marica De Beni, ricordando i giochi d’infanzia nel parco di casa a Costermano —. Ogni scelta determinan­te della sua vita le era dettata dal cuore».

Sabato l’addio, dopo una tragica fatalità su cui non c’è bisogno di indagare, secondo la Procura di Verona. I fatti sembrano chiari: Eugenia De Beni, 51 anni, era vicino alla piscina della villa di Pacengo all’ora di pranzo di domenica. Insieme a un’amica si era appoggiata a una vecchia balaustra in legno, installata anni fa per separare l’area della piscina da uno strapiombo alto circa tre metri. La balaustra ha ceduto e le due donne sono cadute, finendo sull’asfalto, vicino a un deposito per gli attrezzi. Eugenia De Beni, rimasta cosciente in un primo momento, ha subito sentito un dolore alla testa: è morta due giorni dopo per un’emorragia cerebrale.

Nessuna inchiesta Il cedimento di una vecchia balaustra in legno ha provocato la caduta nella villa Difficile spiegare questa perdita. Venne ai miei corsi in Università, era un fuoco d’artificio di idee e suggestion­i. Ma io ero l’allievo, lei la maestra Giovanni Carlo Villa

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