Quella chiamata alle armi per finanziare la cabinovia
Foppolo, gli scettici e i privati pronti a dare anche 10 mila euro l’anno
Ieri mattina al rifugio Montebello avevano venti prenotazioni e il titolare, Fulvio Berera, era indeciso se farla, la festa della taragna. «Alla fine — racconta — siamo arrivati a un centinaio di persone, ma gli altri anni la media era di quattrocento». Stagione magra? «Da uno a dieci? Siamo a uno». Eccolo qui, l’imprenditore pronto a investire diecimila euro l’anno, per dieci anni, nella cabinovia che il Comune di Foppolo punta a mettere in funzione per l’inverno: investimento da sei milioni di euro per un impianto del 1992, acquistato di seconda mano da Corvara quattro anni fa. Nonostante l’età e nonostante in molti si interroghino su quanto costerà, in definitiva, fare girare un mezzo così, per la valle è diventato il simbolo del rilancio dopo l’incendio doloso dell’8 luglio.
Il 19, in tempo zero, Berera ha imbracciato il microfono e, al fianco del sindaco Beppe (anche lui) Berera, ha chiamato alle armi gli operatori che ruotano intorno alla stazione. Erano in circa 120, in un incontro organizzato all’ufficio turistico Brembo Ski con le pro loco che hanno fatto da megafono. La richiesta: consegnare al Comune di Foppolo, ognuno, 2 mila euro l’anno per dieci anni da investire nella costruzione della cabinovia, che arriverà dritta al Montebello. «Anche per questo — spiega Fulvio Berera, che in paese è pure proprietario dell’albergo ristorante «K2» — mi sembrava giusto dare un contributo maggiore con cinque quote. Il momento è critico. Se si ferma Foppolo, si ferma tutta la valle e sono in tanti ad averlo capito. Pensi che una persona di Bergamo che ha qui la casa mi ha consegnato mille euro. Mi ha detto: “Io non voglio sapere niente, voglio solo dare un aiuto perché Foppolo deve andare avanti”». Altri, compreso qualche impresario, sono arrivati a tre quote, in tutto ne sono state raccolte 47, anche (ma in parte minore) da Carona, Valleve, Branzi. Totale soldi promessi: 940 mila euro. L’ex azzurro Giuseppe Carletti gestisce la scuola di sci «90», come l’anno in cui ha iniziato: «Abbiamo aderito con una quota — spiega —. Noi viviamo sulla stazione, per ora però non riusciamo a dare più di cosi. Gira pochissima gente, si fa fatica. Abbiamo inoltre chiesto che sia mantenuta la seggiovia fino alla Quarta Baita per salvare la pista blu, dato che la cabinovia non ha intermedio. Speriamo anche che ci diano più informazioni. Comunque, tutto va bene purché si migliori. A cominciare dal confronto».
I meno convinti e soprattutto gli inconvincibili battono il chiodo proprio su questo: il confronto. «Forse sarebbe stato il caso di valutare un altro sistema di contributi, perché se io pago, il beneficio va anche a chi decide di non togliere un euro dalla tasca». Chi parla è un piccolo imprenditore di Carona. «Sono andato alla riunione, ma ho deciso di non firmare perché sono soldi che vanno a fondo perduto. Li consegni e non ti viene spiegato in che cosa saranno spesi, un piano di investimento vero non c’è». Punto secondo: «Credo negli impianti, ma non credo più nella gestione di Brembo Ski. Sembrava di essere al mercato ortofrutticolo. Ti chiamavano per nome al microfono e ti chiedevano che cosa eri disposto a mettere. Molti si sono sentiti sotto pressione e non so fino a che punto fossero convinti di partecipare».