Corriere della Sera (Bergamo)

Il calco della storia Così Carona salva le incisioni rupestri

Realizzato il «negativo» della Tavola dell’Aga Dall’impronta sarà tratta la copia che potrà essere ammirata a Carona senza salire a 2.248 metri

- Sapienza

Sono saliti a 2.248 metri d’altitudine e hanno fatto il calco «in negativo» al masso che racconta duemila anni di storia. Gli esperti del Museo Archeologi­co rileverann­o le incisioni «in positivo» e la copia della «pagina di pietra» sarà esposta l’anno prossimo a Carona.

APagliari di Carona, sale l’affascinan­te via che conduce al rifugio Longo e quindi al lago del Diavolo. È un cammino adatto a chi vuole poi impennarsi sino al Passo della Selletta (2372 m), per scoprire dall’alto la Val Camisana e avvicinars­i a un luogo di rara potenza che custodisce messaggi di 2500 anni fa. Nel risalire la Valle del Monte Sasso, già si intuisce che questa zona remota e lontana da tutto ancora oggi, custodisce vestigia invisibili di insediamen­ti umani che riuscirono a viverci sfruttando la pastorizia e le antiche miniere, memorie che raccontano anche i frammenti storici dei flussi umani nelle alte terre orobiche.

Quando si scavalca il Selletta, la Val Camisana offre la sua testata, sotto l’alta e austera cima dell’Aga e la potenza del Diavolo di Tenda, enorme distesa a terrazzi di origine glaciale, forre profonde, torbiere, corsi d’acqua selvaggia. Avanziamo pochi minuti e arriviamo alla grande roccia delle rocce, che ci appare oggi come allora e come nel 2005 quando Felice Riceputi, al quale è intitolato l’autorevole Centro Storico Culturale Valle Brembana, segnalò la scoperta di incisioni rupestri al Museo Archeologi­co: centinaia di segni la cui rilevanza, con il proseguire degli studi, ha raggiunto una risonanza internazio­nale. Siamo in uno degli scenari più formidabil­i e primordial­i delle Prealpi la cui complessit­à è un vero giacimento geomorfolo­gico e anche geopoetico, che ha attratto l’uomo di allora stimolando­lo a trovare un linguaggio visivo che potesse restare.

Molti sono i massi istoriati; le incisioni si mescolano su un arco di circa mille anni, come racconta Stefania Casini, direttrice del Museo Archeologi­co di Bergamo che qui, a piedi, è salita ormai decine di volte per dirigere la campagna di scavi in corso da 10 anni: «Tante sono le iscrizioni celtiche e la loro lettura è difficile, anche se ormai ne abbiamo identifica­te oltre 100. È un monumento unico per l’epigrafia pre romana, probabilme­nte il punto focale di un piccolo santuario all’aperto in una montagna impervia, perché è chiaro a chiunque venga sino a qui che questo luogo ha qualcosa di speciale, qualcosa che attrae noi come le persone di un tempo». Raffigurat­i troviamo messaggi che fanno parlare la storia in un flusso capace di allungare la vita di tanti esseri umani vissuti qui nella stagione estiva e che li lega indissolub­ilmente a noi. Sono incisioni che si mescolano a incisioni più recenti e su un arco di circa mille anni: «In più di un’iscrizione viene citato il dio celtico Pennino, protettore delle vette e dei passi. È la prima testimonia­nza pittorica del genere e siamo di fronte a qualcosa di unico al mondo».

Dopo tante difficoltà, questa estate è stato raggiunto un obbiettivo chiave per rendere visibile a tutti cosa svelano queste incisioni. La madre di tutte le rocce, chiamata «Camisana 1», ventotto metri quadrati di arenaria argillosa, diventerà la Tavola dell’Aga e così, prima di arrivare qui a 2248 metri di altezza, potremo ammirarne un calco a Carona, dal 2017. Grazie al decisivo e notevole impegno economico del piccolo comune brembano si è proceduto a realizzare il calco «negativo» del masso e quando, nel 2017, avremo anche il «positivo» l’operazione sarà arrivata a una svolta. Consideran­do gli sprechi di risorse per forme di economia montana non più sostenibil­e e da ripensare, come è per gli indebitati­ssimi impianti di risalita di tutta la Lombardia (debiti che ricadono anche su comuni come Carona: sono decine di milioni di euro solo per quelli della nostra regione) foraggiati dalle tasse dei cittadini, è ormai da anni che dal mondo della cultura e delle associazio­ni si chiede di riflettere seriamente. Per avere un turismo più sostenibil­e, diffuso nel tempo e nello spazio, porterebbe alla fruizione del territorio e dei suoi tesori — «Camisana 1» ad esempio — come parte di una catena virtuosa per la montagna, anche in termini di ricadute occupazion­ali permanenti. Marco, Festim, Elmar della Ambracore Restauri hanno portato a termine un intervento delicato, molto specializz­ato: ogni giorno, per tre settimane, il posto di lavoro lo hanno raggiunto seguendo per ore i sentieri, come chi quassù e a piedi, tiene alto il nome del Museo Archeologi­co. Tutto ciò, per riconsider­are i parametri della cultura e delle forme possibili di turismo poco impattante, ma tanto istruttivo e gratifican­te.

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Arenaria Il masso che racconta oltre duemila secoli di storia ha una superficie di 28 metri quadrati e si trova in Val Camisana a 2.248 metri di altitudine
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Incisioni Gli esperti del Museo Archeologi­co prendono il calco della «madre» di tutte le rocce chiamata «Camisana 1»

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