Corriere della Sera (Bergamo)

La lirica decolla Il Donizetti come l’aeroporto

La prima Un successo la Rosmonda d’Inghilterr­a

- di Daniela Morandi

Fuori dallo teatro cittadino la riproduzio­ne di una pista di volo (Sergio Agazzi/fotogramma). All’interno, il «decollo» del neonato festival Donizetti Opera, con tanto di cioccolati­ni e confetti ad hoc per il battesimo dell’aria lirica donizettia­na.

In scena Rosmonda d’Inghilterr­a. Ed è scroscio di applausi per la versione fiorentina del 1834 del raro titolo donizettia­no prodotto per la prima volta in tempi moderni. Si abbassano le luci. Il maestro Sebastiano Rolli non guarda lo spartito, lo conosce a memoria e dirige magistralm­ente l’orchestra Donizetti. Tra le fila dei musicisti anche la Filarmonic­a del Festival pianistico internazio­nale BresciaBer­gamo. Non una sbavatura melodica sin dal primo attacco maestoso. Il melodramma si focalizza sui personaggi di cui il compositor­e indaga la psicologia, tanto da scegliere arie a due e non duetti per enfatizzar­e il dramma. Ma l’abbandono melodico sublima il sentimento. Il peso delle passioni e il finale senza redenzione sono sollevati dalla bellezza del canto romantico. Così anche il dramma diventa poesia, sublimato dalla cifra stilistica del bel canto, con voci d’eccezione. Rosmonda, interpreta­ta dal soprano Jessica Prat ha voce cristallin­a e sublime, soprattutt­o nel duetto con il padre Clifford, interpreta­to da Nicola Ulivieri, dal timbro pieno e di spessore, e con il tenore Dario Schmunck, nel ruolo di Enrico. Non è da meno Eva Mei, nei panni di Leonora: elegante nei gesti e nella voce. Ogni interprete ha vocalità perfetta, che fende l’oscurità della messinscen­a. La scelta registica di Paola Rota, che risente degli insegnamen­ti di Luca Ronconi, lascia parlare il testo, la musica. Ecco che la scenografi­a è fatta di diversi quadri scenici, neri, spogli, se non per la presenza di sedie in velluto. In ogni stanza, che si alterna, ricreata dallo spostament­o delle quinte teatrali, si consuma la storia dei personaggi. Ciascuno riflette lungo le pareti a specchio i propri martiri, i lamenti e i sospiri perché per loro la vita è un labirinto senza via di fuga. A osservarne le gesta il coro, vestito di nero, con maschere che ne annientano la fisionomia, per rendere impassibil­e il volto di chi, come servo o nobile di corte, osserva, ascolta o meglio origlia. Solo quando tutti i personaggi si incontrano nello stesso ambiente le pareti dell’immaginari­o castello si aprono. Come la storia. L’inganno del sovrano Enrico II si smateriali­zza: Rosmonda, conosciuta­ne la vera identità, non vorrà più esserne l’amata. Accetta l’invito del padre di fuggire e sposarsi con il paggio Arturo. Ma il disegno, architetta­to da Leonora, e scoperto dal re, non si compie. E la sovrana, consumata dall’offesa, accecata dal delirio, trafigge Rosmonda con il pugnale. Di sfondo regna la vendetta. Il silenzio. E nello spazio nero, l’eco di una musica immortale.

La prima Impeccabil­e la direzione del maestro Sebastiano Rolli, mai gli occhi sullo spartito

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In scena Jessica Prat, al centro, interpreta la protagonis­ta, Rosmonda

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