Corriere della Sera (Bergamo)

RIMPATRI E RIMPALLI

Accordi internazio­nali e procedure

- Di Johannes Bückler

Evitando di entrare nel merito della diatriba in tema di profughi tra il sindaco Gori e la Lega, molte persone si chiedono: «Stabilito che un immigrato non ha i requisiti per restare, perché il rimpatrio non avviene? Perché è così difficile rimandare a casa chi non ha il diritto di rimanere nel nostro Paese?». Vediamo di capire il perché. Prima di tutto gli irregolari possono essere espulsi solo dopo l’identifica­zione e il lasciapass­are delle autorità consolari del Paese di origine. Quindi, poiché è praticamen­te impossibil­e farlo in tempi brevi, l’unico strumento di trattenime­nto per queste persone sono i cosiddetti Cie (Centri di identifica­zione ed espulsione). Essendo pochi i posti, per tutti gli altri si applica un decreto legge, l’89/2011, approvato dal governo Berlusconi e dalla Lega Nord. Fino ad allora il decreto di espulsione prevedeva l’accompagna­mento forzato alla frontiera da parte delle autorità italiane. Quel decreto ha sostituito, all’espulsione forzata, l’allontanam­ento volontario da concordare con la persona espulsa a cui viene sempliceme­nte dato un periodo di tempo entro cui lasciare l’Italia. L’espulsione forzata a oggi è prevista solamente in alcuni casi, decisa da un giudice in base alla pericolosi­tà della persona in questione. Concretame­nte, a migliaia di persone che le autorità italiane non ritengono pericolose, viene sempliceme­nte consegnato un foglio che gli ordina di lasciare l’Italia, lasciando poi agli stessi la facoltà di ottemperar­e o meno a quell’ordine.

Alla base di tutti questi problemi (creando una notevole disparità tra i Paesi che sono più facilmente raggiungib­ili rispetto ad altri) c’è comunque il Trattato di Dublino che obbliga il primo Paese ospitante a trattenere i migranti e prenderne in carico l’istanza. Trattato di Dublino II, contenente quella norma, firmato dal Governo Berlusconi e dalla Lega Nord. Per cercare comunque di snellire le procedure di riconoscim­ento ed espulsione è stato approvato in questi giorni il decreto Minniti sul contrasto all’immigrazio­ne illegale. Al suo interno ci sono norme che rendono le procedure più snelle in tema di immigrazio­ne. Si va dai nuovi Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio) che vanno a sostituire i Cie (e che passano da 4 a 20), al taglio dei tempi d’esame per le domande d’asilo. Dalla semplifica­zione di una serie di procedure che riguardano le notifiche dei provvedime­nti da parte delle forze di polizia ai migranti, allo stanziamen­to di 19 milioni di euro per l’esecuzione delle espulsioni. È stato inoltre inserito un provvedime­nto che lascia molti dubbi dal punto di vista giuridico. Per le richieste di asilo si prevede infatti l’annullamen­to del secondo grado di giudizio in caso di negazione del diritto (resterebbe il solo ricorso in Cassazione e nemmeno nel merito). Insomma, il provvedime­nto inaugura iter più snelli per i rimpatri con l’obiettivo di costruire un sistema di cooperazio­ne con i paesi di provenienz­a attraverso accordi bilaterali, come già fatto con la Libia, il Niger, il Sudan o la Tunisia. Come si vede non è così semplice rimandare nel suo Paese chi non ha il diritto di rimanere nel nostro territorio. Soprattutt­o per leggi, norme e trattati approvati proprio da coloro che oggi pretendono soluzioni semplici a problemi complessi. Che anche quando non sono sbagliate, restano comunque difficili da mettere in pratica.

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