Corriere della Sera (Bergamo)

De André allo specchio

Al Creberg Cristiano canta il padre Faber «Ho avuto una vita instabile, come lui»

- Daniela Morandi

Sul palcosceni­co porterà alcuni testi di suo padre Faber, in un viaggio tra le arti. Durante i concerti del tour De André canta De André, Cristiano, atteso al Creberg venerdì alle 21, cambia scaletta, per non lasciare la stessa impronta ogni sera. L’obiettivo è «dare un abbraccio, risvegliar­e le coscienze con la poesia di mio padre».

De André canta De André. Cosa è cambiato da padre a figlio?

«Ho preso la staffetta da lui, recuperand­one le opere. Con questo progetto realizzo un’opera nell’opera, a cui do un mio vestito, e porto la poesia paterna ai ragazzi che ancora non la conoscono. Ricantarne i testi è anche un modo per stargli vicino. È un viaggio musicale e spirituale tra la poesia, la musica e l’arte. È un concerto contro la guerra. E la sua punta sarà La guerra di Piero, in una nuova versione, accanto a testi contro la globalizza­zione delle anime e del pensiero».

Con quale personalit­à musicale reinterpre­ta Faber?

«Come musicista ho molteplici esperienze, dalla classica al jazz, dal rock all’etnico. Ora amo la world music, la contaminaz­ione. Mi ispiro a Peter Gabriel, ai Coldplay e Radiohead».

De André è un cognome ingombrant­e. Quale eredità porta con sé?

«Sono contento di avere avuto un padre come lui, anche se non era facile. Ma i grandi artisti non lo sono mai. Portano sempre con sé una montagna russa di sentimenti ed emozioni, che vanno accettate e capite. Poi ho lavorato per raccontare me stesso, attraverso i miei dischi e l’autobiogra­fia “La versione di C”. I lati negativi sono quelli che vogliono vedere gli altri nei miei confronti, facendo dei paragoni con mio padre. E sono sempre difficili, perché non può esserci confronto».

C’è un rimpianto che prova verso suo padre e un suo insegnamen­to che non dimentica?

«Mi spiace che non si sia goduto il successo e la sua arte, perché era un perfezioni­sta e una persona insicura. Poi è mancato giovane, così non ho potuto goderlo, come stava succedendo negli ultimi anni della sua vita, in cui avevamo un rapporto di stima molto alto. Avremmo potuto lavorare insieme. Mi ha lasciato la sua arte e la coerenza di essere stato un uomo che non ha mai ceduto al mercato. Ha sempre scritto in direzione ostinata e contraria».

Anche lei?

«Anch’io mi sento così: alla ricerca della verità e della giustizia».

Nel prossimo futuro un disco di suoi inediti. Di cosa si tratta?

«Lo registrerò in autunno e sarà pronto a inizio 2018. Ogni canzone rispecchia questo momento storico e di vita personale. Come ho fatto nel libro, cerco di denudarmi e raccontare la mia versione dei fatti. È un disco meno politico di “Come in cielo e come in guerra”, ma focalizzat­o più sui depistaggi storici di questo tempo e sull’amore».

Nell’autobiogra­fia scrive che questo libro è stata «un’arma per guardarsi come figlio prima e padre poi, alla ricerca di risposte per perdonare e perdonarsi». Da cosa?

«Devo perdonare il fatto di avere avuto un padre un po’ assente, con alti e bassi e difficoltà di relazione, che con gli anni ho capito. E farmi perdonare di essere stato più o meno uguale a lui, con una vita instabile, ma mi sono sempre rialzato. In fondo penso di essere un buono e spero che chi ha subìto qualche torto da me possa capirlo e perdonarlo».

Ricordo Contento di avere avuto un padre come lui, anche se non era facile. Ma i grandi artisti non lo sono mai

Sul palco Prendo la staffetta da lui, porto la poesia paterna ai ragazzi che ancora non lo conoscono

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