Corriere della Sera (Bergamo)

Profughi in nero dai cinesi per duecento euro al mese

Gandino, maximulta a un’azienda. La titolare paga subito e riapre

- Di Fabio Paravisi

Ai carabinier­i che li hanno trovati nel capannone fra Leffe e Gandino intenti a piegare lenzuola i tre profughi hanno spiegato che avevano bisogno di guadagnare qualcosa da mandare in patria. Così avevano accettato le condizioni della ditta cinese: 2 euro ogni 100 lenzuola piegate, 200 euro al mese dopo 10 mila lenzuola. Maximulte alla titolare della ditta.

Chissà a cosa pensavano, mentre, una dopo l’altra, piegavano decine, centinaia, migliaia di lenzuola cinesi fabbricate in Val Seriana. Forse pensavano che non era stato tutto questo grande affare, quello di attraversa­re l’Africa per salire nelle valli bergamasch­e per piegare un lenzuolo, e poi piegare un altro lenzuolo e poi piegare un terzo lenzuolo fino ad impilarne 10 mila al mese in cambio di 200 euro. Quando si dice una paga da fame: i tre profughi incassavan­o la miseria di 2 euro per ogni cento lenzuola piegate, e ai ritmi che dovevano sostenere forse non avevano poi tanto tempo per stare a pensare alla loro sorte. Anzi, a loro andava anche bene, visto che in questo modo riuscivano almeno a raccoglier­e un po’ di denaro da mandare in patria. I carabinier­i di Clusone, però, vedono le cose in modo un po’ diverso, e sono calati sulla titolare della ditta, facendole cambiare a colpi di maximulte le sue idee sull’utilizzo della manodopera.

La segnalazio­ne è arrivata ai militari qualche giorno fa da una persona che vive a ridosso di un capannone fra Leffe e Gandino, e che ha raccontato di avere visto uno strano andirivien­i di immigrati. I militari hanno tenuto d’occhio lo stabile, che risultava essere di proprietà di una donna cinese di 43 anni ufficialme­nte residente

in provincia di Cuneo e titolare di un’azienda tessile in paese (peraltro a un indirizzo diverso da quello). In questo modo hanno notato, fra i cinesi che entravano e uscivano, anche tre persone di colore. E quando hanno fatto irruzione nella fabbrica per un controllo, si sono trovati in un grande capannone con bancali di tessuti e stoffe, un muletto, tre cinesi regolari e uno clandestin­o al lavoro dietro delle macchine da cucine, e i tre africani.

Si trattava di una donna di 30 anni e due uomini di 29,

che hanno spiegato di essere senegalesi richiedent­i asilo politico ospiti in una struttura di accoglienz­a di Gandino. Sono in Italia da diverso tempo, tanto da avere imparato a parlare in un buon italiano, ma non sopportava­no più di dover trascorrer­e tutto il tempo sen- za fare niente e soprattutt­o senza guadagnare.

«Abbiamo bisogno di denaro da mandare a casa, al centro accoglienz­a prendiamo solo due euro e mezzo al giorno e secondo la legge non possiamo lavorare», hanno spiegato. Hanno conosciuto per caso dei cinesi, che hanno offerto loro di mettersi alla catena di montaggio delle lenzuola. Arrivavano ogni mattina alle 9.30, cominciava­no a piegare le lenzuola prodotte dalla ditta e restavano lì fino a sera. «Siamo riusciti a spedire a casa 200 euro al mese», hanno spiegato.

Tra l’impiego illegale di manodopera e una serie di altre infrazioni rilevate, i carabinier­i hanno staccato sanzioni per un totale di 15 mila euro (e questo solo perché i migranti sono in Italia da più di 60 giorni, altrimenti la sanzione sarebbe stata di tipo penale). L’azienda, hanno spiegato, sarebbe rimasta chiusa finché la titolare non avesse pagato. La cinese non ha fatto una piega: ha pagato il giorno dopo e ha riaperto la ditta. I militari sono allora andati ad effettuare un nuovo controllo, scoprendo un altro profugo che stava piegando le lenzuola al posto di quelli tornati in comunità. È così scattata una nuova sanzione di cinquemila euro.

I controlli Pochi giorni dopo il blitz dei carabinier­i, trovato in ditta un altro richiedent­e asilo

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Intervento Carabinier­i all’azienda tessile ai confini fra Leffe e Gandino

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