CREDIBILITÀ IN PICCHIATA
Nel commercio, forse anche più che nel resto, la credibilità è il patrimonio più importante. Se il cliente paga per un servizio, il minimo che si aspetta è di ottenerlo. Lo proclamano quei vacanzieri che prenotano una casa vista mare e si trovano una catapecchia affacciata su un parcheggio. Se lo ripetono ogni mattina i pendolari che si pigiano sugli scarsi vagoni dei treni per Milano. E lo stanno confermando in questi giorni anche tanti dei viaggiatori che si sono abituati all’idea di attraversare in volo l’Europa al costo di un treno regionale. Tralasciando molte comodità e antichi privilegi, ma nella certezza di poter trovare in aeroporto quel volo a prezzi di saldo che avevano prenotato con l’acquolina in bocca mesi prima. Invece si sono visti arrivare una email che dice: il vostro volo non esiste più, vogliate gradire in cambio questi 40 euro. La raffica di cancellazioni di Ryanair, che sembrava limitata a qualche settimana ma che ora si allarga invece su tutto l’inverno protendendosi pericolosamente verso l’estate, sta facendo nascere qualche dubbio sulla sagacia commerciale della compagnia irlandese. Che finora sembrava averle azzeccate tutte, piantando la bandiera dell’arpa celtica su un aeroporto dopo l’altro. Adesso, invece, sta disperdendo il patrimonio di credibilità costruito in vent’anni per una questione di ferie da smaltire, quelle che di solito si risolvono in discussioni fra il capufficio e il ragioniere. Tanto da far pensare: per mantenere intatta quella credibilità, non sarebbe meglio pagare le ferie e far volare gli aerei?