Archivio di Stato Le lettere d’amore corpi di reato
«Mio amato Alessandro eri il primo e sarai l’ultimo...»: la lettera su carta intestata di una bottega di Borgo Santa Caterina svela l’adulterio finito sotto inchiesta
«Alessandro mia passione. Come fare a non ricevere più quei dolci e soavi saluti sulle tue adorabili finestre». È un amore struggente, quello di questa donna. Non c’è il suo nome a chiudere le lettere. Ma le sue parole su fogli ingrigiti e ingialliti dal tempo devono averla messa nei guai. Gli scritti sono finiti tra i corpi di reato custoditi nell’Archivio di Stato. Adulterio, è probabile. Perché Alessandro, la sua passione, non è l’uomo che ha sposato. Il marito — scrive lei stessa — è ammalato.
Bergamo, 1881. Di questa storia d’amore rimangono solo i frammenti di un processo, forse, semmai c’è stato. Si può intuire con la logica piuttosto che con il cuore il passo falso che l’innamorata ha commesso. Ha scritto una delle lettere con la carta intestata di una bottega di Borgo Santa Caterina. Era del marito, forse. Lo ammette al suo Alessandro. L’aveva terminata, così ha utilizzato gli stampati con cui dalla bottega venivano sollecitati i pagamenti della merce spedita ai compratori. È la traccia che, si deve rimanere sempre nel campo dei forse, l’ha smascherata.
Il suo sentimento è così struggente che la pena inflitta dalla legge — se mai c’è stata — non dev’esserle sembrata dolorosa. Soffre più perché l’uomo al suo fianco non è l’uomo che ama.
Sembra di vederla, china sul foglio mentre di nascosto si lascia andare senza censure sentimentali. Il linguaggio è incerto, ma si capisce bene che cosa provi. «Il mio amato Alessandro mi sembra che ha scriverti (scritto così , ndr) mi sento ha sollevare il mio piangente amore che non passa mai».
Ce l’ha tanto lontano, anche se è vicino. È evidente dall’appuntamento che gli dà sul retro della lettera, carta grigia a grandi rettangoli.
È aprile: «Domani mattina vado ha fare la Pasqua, ora se vuoi vedermi alle ore 5 ti vedo volentieri. Almeno fammi questa consolazione».
Lei lo ama, ma è insicura. Gli chiede di garantirle che contraccambia. È la sua consolazione. «Amabile da me Alessandro. Con gran gioia e gran piacere lessi la tua amabile lettera e ne restai convinta del tuo amore e nella grande consolazione piangeva e molto più al fine di sentire che mi ami così profondamente o mio amato Alessandro. Sarai sempre contraccambiato del tuo amore ma bisogna che anche tu ne godi fiducia». Glielo giura, sulla tomba di sua madre.
«Eri il primo e sarai anche l’ultimo. Ho un cuore che per te soffre giorno e notte».
Chissà se il loro era un amore interrotto dal volere delle famiglie. Qualcosa c’è stato. Di nascosto, forse. Lei ha voluto che lui non la scordasse.
Domani mattina vado a fare la Pasqua, se vuoi vedermi alle cinque ti vedo volentieri. Almeno fammi questa consolazione
«L’anello te lo davo in pegno del nostro inesorabile amore, non lo voglio più indietro. Che quanto una cosa è donata di amore è meglio di essere pagata». Come si è conclusa questa storia non si sa. Ma un indizio racconta un finale amaro. Non è certo che nel passare del tempo non si siano mescolate per errore le vite di più persone. La cartolina con un francobollo da 10 centesimi, però, è custodita insieme alle lettere d’amore.
Bergamo, 16 luglio 1904. Non si comprende che cosa ci sia scritto se non qualche parola. Per esempio che il «fratello di Carolina» va in ospedale con la stessa malattia del marito. Si legge bene, invece, che l’ha scritta Alessandro L. Ma la cartolina viene respinta al mittente. Indirizzo: «Degente all’ospedale Maggiore di Bergamo».