L’omicidio di Colognola Caccia alla borsa di Daniela
Colognola, l’inchiesta riparte dall’inizio
La squadra mobile ha recuperato un fac simile della borsa che Daniela Roveri aveva con sé la sera in cui è stata uccisa, il 20 dicembre a Colognola. Un modello a tracolla, portato via dall’assassino. Ed è dalle ricerche della borsa, in pelle, che le indagini ripartono, per tentare di dare una spiegazione al mistero.
La Procura e la squadra mobile di polizia rilanciano con forza le ricerche della borsa di Daniela Roveri, la dirigente della Icra Italia Spa uccisa con una coltellata alla gola a Colognola la sera del 20 dicembre dell’anno scorso, all’ingresso del palazzo di via Keplero 11, dove viveva. Gli investigatori, «nonostante uno sforzo importante su un crimine così efferato», come rimarca il procuratore Walter Mapelli, si sono trovati di fronte a una quasi totale assenza di prove e di piste concrete. Da qui il tentativo di tornare ai primi passi delle indagini e a quella borsa di pelle scura, a tracolla, che la Roveri aveva con sé quando è stata uccisa e che conteneva anche il suo smartphone, scomparso e mai ritrovato nonostante per giorni fosse rimasto agganciato alla cella telefonica (molto estesa) che copre Colognola.
La polizia ha così trovato un fac simile della borsa, costellata di borchie a forma di fiore: era stata acquistata da Daniela Roveri in un negozio di Mantova, dove la vittima andava spesso perché la mamma è originaria di Sermide, paese della zona. Forse potrebbe fornire alcune risposte e di conseguenza indicazioni utili. Gli inquirenti sono convinti che Daniela Roveri non sia stata uccisa durante una rapina: non c’è stata colluttazione, il killer ha agito con mano ferma, ha bloccato la vittima alle spalle, prima di ucciderla con una coltellata. Ma allora perché portare via la borsa della vittima e poi lasciare il suo cellulare nella zona, anche se in un punto mai individuato dalla polizia? Forse quel modello acquistato a Mantova potrebbe portare con sé alcuni segreti.
Un mistero, al momento, restano anche le tracce biologiche trovate su una guancia e sulla falangina dell’indice destro della vittima: potrebbe trattarsi di sudore, da cui la polizia scientifica ha estratto solo l’aplotipo Y del Dna, e cioè un profilo genetico parziale, di fatto un indicatore dell’appartenenza di una persona a una linea paterna, che non è significativa per le indagini. Con una tecnica sperimentale i carabinieri del Ris di Parma stanno tentando di estrarre un profilo completo da quelle tracce organiche, anche per escludere
corrispondenze (che sul solo aplotipo esistono), con un Dna ignoto isolato durante le indagini sull’omicidio di Gianna del Gaudio a Seriate, il 27 agosto 2016. Al momento, però, le notizie informali che giungono dal Ris non sarebbero rassicuranti sulle reali chance di individuare tutto il profilo.