Lotti: Atalanta, modello per il calcio
Presentato al Coni il progetto del futuro impianto, il giorno dopo la débâcle contro la Svezia Il ministro Lotti: «Verrò a Zingonia». I finanziamenti: il ruolo di Ubi Banca e le garanzie personali di Percassi
Nel day after del disastro azzurro, con la Nazionale italiana sconfitta nello spareggio dalla Svezia e costretta a saltare il Mondiale dopo 60 anni, a Roma, nella sede del Coni, l’Atalanta ha presentato il progetto di ristrutturazione dello stadio che dovrebbe essere completato nel 2020. Le autorità presenti, dal ministro dello Sport Luca Lotti al presidente del Coni Giovanni Malagò, hanno lodato il lavoro dei nerazzurri, soprattutto a livello sportivo. «Dopo la sconfitta di San Siro il nostro calcio va rifondato — le parole di Lotti — e il vivaio dei nerazzurri è un esempio virtuoso che oggi simboleggia la rinascita».
«Hai visto, Antonio? Per te abbiamo fatto le cose in grande...». Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, alla grandeur c’è abituato ma per l’occasione, la presentazione del progetto stadio nelle supreme stanze romane, ha esagerato. Di grandissima c’è solo la tristezza. Il Coni (cambio di sede dell’incontro deciso nottetempo) è assediato da decine di giornalisti, mentre nella maestosa sala del consiglio si accomodano,alla spicciolata, dirigenti di sport con facce che ricordano il crollo di una diga. Il Vajont azzurro. Tra loro anche Andrea Abodi, sconfitto da Tavecchio lo scorso marzo e poi, in veste di tifoso, ecco accomodarsi pure il ministro Maurizio Martina.
«I nerazzurri sono un’eccellenza»
«Sono scioccato dall’eliminazione della Nazionale. Non ci volevo credere», rivela Antonio Percassi. Se fosse stata l’Atalanta? «Mi sarei sparato», sorride, non proprio rilassato. Eppure nel giorno della tregenda fubbaliera nazionale l’Atalanta, e tutto quello che la società rappresenta, ne esce rafforzata. Ingigantita, rispetto allo sfacelo e agli addentellati di un’eliminazione dietro cui si nascondono i mali del nostro calcio. I progetti, il vivaio, Zingonia e le prodezze di Gian Piero (Gasperini) si stagliano contro i drammi federali e quelli di Gian zero (Ventura). Più che interventi, quelli dal palco sono complimenti alla famiglia Percassi. «Non si può avere una famiglia se non si ha una casa — apre Malagò —e la realtà dell’Atalanta è un’eccellenza di cui andare orgogliosi». Dalle infrastrutture si può partire per rifondare il calcio italiano. Lo dice a chiare lettere Michele Uva, il d.g. della Figc, sulla graticola: «Senza investimenti non c’è futuro e quello dell’Atalanta è un progetto intelligente». Il grazie finale arriva nientemeno che dal ministro dello Sport Luca Lotti: «Il nostro calcio va rifondato e il vivaio dell’Atalanta è un esempio virtuoso che oggi simboleggia la rinascita. Andrò a Zingonia a visitarlo. Insieme ce la faremo, intanto grazie alla famiglia Percassi». Al presidente e all’a.d., il mite Luca, non pare vero di ricevere, nella casa dello Sport italiano, questa goleada complimentosa. Che fa rima con Atalanta virtuosa. «Noi un esempio? Non me lo aspettavo» rimarca il presidente.
I finanziamenti
Lo Stadio dei Marmi, fuori dalla finestra, mette soggezione. Quello di Bergamo mette la società di fronte ad un impegno progettuale e finanziario che ieri si è svelato nella sua interezza. A opera finita saranno 35 milioni e mezzo: Ubi partecipa con 15 milioni e 400 Mila euro: ha messo garanzie per 4 milioni, anticipato oltre 2 milioni di iva, partecipando a metà con il Credito sportivo per l’acquisto e per la rigenerazione, 18 milioni circa divisi in due. La parte restante circa 12 milioni, non finanziata da Ubi e Credito Sportivo sarà garantita personalmente dai Percassi. «È un impegno che abbiamo pianificato per i prossimi 10 anni e che onoreremo, come abbiamo sempre fatto. Così come continueremo a impegnarci nel vivaio», assicura il numero uno nerazzurro. E pazienza se l’Atalanta di oggi è per
sette undicesimi straniera. «Noi creiamo la materia prima per il nostro calcio», chiude il presidente che, pungolato ancora sul nome dell’impianto, fa «melina». Uva propone di chiamarlo Gagliardini («la sua plusvalenza è finita qui»), Malagò auspica una targa che almeno mantenga la dicitura Azzurri d’Italia, ma conoscendo il pragmatismo della casa, il nome andrà — come quando si battezza un bambino — al padrino che sgancerà di più. Non ci sarà molto da aspettare: «Magari il prossimo anno, non appena conclusa una curva», chiude Percassi.
I muri e la vista
A proposito di curve. Visto da dentro, con gli occhi di un giocatore l’impatto è impressionante. La percezione è quella di trovarsi di fronte a dei muri. Per gli avversari sarà un inferno,
per gli spettatori, assicura l’architetto Mauro Piantelli dello Studio De8 «il Pathos è assicurato».
L’idea progettuale di raddoppiare lo sviluppo di superficie delle due tribune, con un’altezza che poi degrada ed apre degli spazi interni dove saranno collocati bar, si traduce in un effetto scenico che, di colpo, azzera il costruito circostante. Chi sta nella Nord, alzando gli occhi al cielo, vedrà lo Skyline di Città Alta, a quelli della Sud si aprirà la Maresana. La connessione con la bella città è servita, e a tutti gli spettatori sarà garantita un’ottima visuale ( il coefficiente che misura questa proprietà è tra il 12 e il 16; già a 9 è più che buono). Uno stadio in cinemascope. Praticamente già da Oscar.