Preso col pizzo, estorsore in cella
Condannato a 4 anni e 8 mesi un trafficante di coca: il blitz dei finanzieri in un bar a Colognola
Un ex trafficante di cocaina, campano con casa ad Arcene, è stato condannato per estorsione e rapina ai danni di un imprenditore di Lallio. Con un gruppo di altre 5 persone avrebbe chiesto un pizzo da 250 mila euro: 20 mila erano già stati pagati. Il blitz della Finanza è scattato in un bar di Colognola, durante la consegna di altri contanti.
I finanzieri del nucleo di polizia giudiziaria sono appostati in un furgone in borghese, con vetri oscurati. Sono in un piccolo parcheggio vicino all’ex statale 42, a Colognola, e guardano verso un bar, tra i più frequentati del quartiere. È l’11 novembre dell’anno scorso e gli investigatori si concentrano su due persone: un imprenditore pugliese di casa a Lallio, che commercia automobili a Treviolo e ha anche una società immobiliare; e un personaggio già noto a più procure, Giovanni Luordo, classe 1972, napoletano che vive ad Arcene.
Nel 2010, già residente nella Bergamasca, i carabinieri l’avevano fermato a Napoli alla guida di un camion, arrivava dalla Spagna. Il mezzo pesante era stato ispezionato e da un doppio fondo erano spuntati 18 chili di cocaina, destinati probabilmente a un boss della camorra, nascosti malamente con maschere dei personaggi di Disney. Luordo era stato condannato in via definitiva a 8 anni. Finito in carcere, aveva poi ottenuto l’affidamento ai servizi sociali.
E rieccolo sulla piazza, l’anno scorso, al Cafè La Plaza di Colognola (che nulla c’entra con la vicenda contestata). Intasca dall’imprenditore una busta con dentro 5 mila euro, ma appena esce dal locale i finanzieri lo arrestano. Torna in cella, stop all’affidamento ai servizi sociali. Finisce sotto accusa per estorsione e rapina, perché pochi giorni prima, con altri cinque soggetti, inquadrato da una telecamera, si era presentato nell’azienda
dello stesso imprenditore pugliese partecipando a una serie di minacce, intuibili anche solo dalle immagini: uno dei complici era sceso dall’auto con una pistola, un’altro aveva strappato una collana d’oro dal collo dell’imprenditore.
Il titolare dell’azienda era andato poco dopo dalla Guardia di Finanza, raccontando di essere terrorizzato: aveva specificato che quel gruppo pretendeva da lui 250 mila euro, per motivi rimasti ignoti. Ventimila,
per paura (secondo la sua versione dei fatti) erano già stati pagati, altri cinquemila avrebbero invece dovuto essere versati l’11 novembre a Colognola, nelle mani del campano. Le Fiamme Gialle avevano quindi preparato le banconote false da consegnare a Luordo, organizzando il blitz al Cafè La Plaza. Solo l’ex trafficante campano, al momento, è finito in tribunale: condannato ieri a 4 anni e 8 mesi, con rito abbreviato, per rapina ed estorsione. Assistito dall’avvocato Rocco Lombardo si è difeso raccontando che in realtà quei 5 mila euro erano una cifra che l’imprenditore pugliese aveva voluto dargli per levarselo di torno, perché lui stava insistendo parecchio per essere assunto e quindi per lavorare e stare fuori dal carcere, in alternativa ai servizi sociali. Una tesi che non ha retto assolutamente per la procura e né per il tribunale, che ieri l’ha condannato con rito abbreviato.
Ma sono gli altri dettagli di quegli episodi dell’anno scorso a restare ancora oscuri, coperti dal massimo riserbo della Procura. Chi erano gli altri
La vittima Commerciante di auto e immobiliarista aveva denunciato tutto alle Fiamme Gialle
complici che pretendevano, insieme a Luordo, 250 mila euro dall’imprenditore pugliese? Perché non sono stati processati, nonostante fossero tutti inquadrati dalle telecamere dell’azienda? Un’estorsione di quell’entità potrebbe essere tipica di ben altre latitudini, in Italia, non della Bergamasca. Ma un’inchiesta più approfondita è ancora in corso.