Esposto dell’Ats contro l’ospedale
La direttrice generale dell’Ats Mara Azzi ha depositato in Procura un esposto in cui segnala la vendita di farmaci da parte dell’ospedale Papa Giovanni XXIII ad almeno una Residenza sanitaria assistenziale della Bergamasca. Né la Azzi né il dg del Papa Giovanni Carlo Nicora commentano la vicenda. La vendita comporterebbe una violazione (con risvolti penali) della normativa specifica sul settore farmaceutico.
«Non commento tutto ciò che compete alla magistratura»: Mara Azzi, direttore generale dell’Ats di Bergamo, intende rispettare in pieno il lavoro dell’autorità giudiziaria e non rilascia in alcun modo dichiarazioni su un esposto che lei stessa ha firmato a luglio, segnalando un’attività dubbia del Papa Giovanni XXIII. In poche righe la dg rende nota all’ufficio denunce di Piazza Dante la vendita di medicinali da parte del servizio farmaceutico dell’ospedale (da non confondere con la farmacia del Papa Giovanni aperta al pubblico) ad almeno una Residenza sanitaria assistenziale sul territorio della Bergamasca: una scoperta spuntata da un’ispezione dell’Ats.
Vendita in che quantità? Per quanto tempo? Nell’esposto i dettagli non sono indicati. Ma soprattutto, perché è stata necessaria la segnalazione in Procura? Azzi preferisce non commentare. Ma, da fonti qualificate che rompono il muro di silenzio, emergono una serie di indiscrezioni che tracciano un quadro piuttosto chiaro.
Emerge, ad esempio, che le aziende ospedaliere acquistano medicinali dalle case farmaceutiche con uno «sconto», sul prezzo di vendita (tutti calcoli al netto dell’Iva), del 50% e, solitamente, non hanno l’autorizzazione ministeriale prevista da una legge specifica del 2006 (che ha recepito una direttiva europea ) per poter rivendere ad altre strutture. I grossisti, a differenza degli ospedali, acquistano a meno 33%, e potrebbero quindi risultare come parte danneggiata da un’attività di vendita da parte di chi, invece, non è autorizzato. E non sembra affatto un caso che in una circolare che precedeva di pochi giorni l’esposto dell’Ats di Bergamo (ma successiva all’ispezione nella casa di riposo bergamasca) la Regione Lombardia ricordasse alle aziende ospedaliere proprio la necessità dell’autorizzazione governativa, proprio in base alla legge del 2006: una circostanza, quella della circolare, confermata ieri anche dal direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, Carlo Nicora. La stessa normativa definisce incompatibili la distribuzione all’ingrosso di medicinali e quella di fornitura al pubblico e fissa anche le sanzioni in caso di violazione della legge con attività di vendita esercitate senza autorizzazione: ci sono conseguenze penali, il legislatore ha indicato la reclusione da sei mesi a un anno.
Anche il dg Nicora preferisce non commentare, non è al corrente dell’esistenza di un esposto: lo sarà solo nel caso in cui la magistratura dovesse procedere con accertamenti chiedendo, come primo probabile passo, informazioni proprio al Papa Giovanni. Dall’interno dell’ospedale, però, emergono considerazioni ufficiose di più professionisti sul contesto in cui è maturata la vicenda. Spesso e volentieri le ex case di riposo, non a caso rinominate Residenze sanitarie assistenziali, ospitano pazienti che escono dagli ospedali, garantendo una continuità nelle cure ritenute necessarie. E l’utilizzo di farmaci ricevuti dagli ospedali a parità di prezzo è considerato una sorta di sostegno alle strutture sul territorio.
La legge però dice altro: o si è grossisti autorizzati, oppure non si vende e, se succede, le conseguenze fissate dalle norme sono piuttosto severe.
L’ospedale Papa Giovanni ha revocato la fornitura alle Rsa. Il ragionamento sul sostegno a quelle strutture e sui farmaci distribuiti dall’ospedale, andrebbe quindi eventualmente messo a tema in ambito legislativo.
Il Papa Giovanni No comment di Carlo Nicora. Ma per alcuni professionisti è stato solo un aiuto alle Rsa