La funzionaria a processo per le indennità
Il pm: peculato all’Unione. Lei: mai preso un centesimo di troppo
I capelli corti, niente trucco, camicia a righe blu sotto il cardigan a lisca di pesce grigio, pantaloni neri e scarpe basse, Gemma Florinda Lazzarini, 55 anni, una laurea in Scienze politiche e una in Economia e commercio, cita articoli di legge e modifiche che conosce a memoria.
È a processo per peculato, abuso d’ufficio e falso, per 35.670 euro di «retribuzione di risultato» liquidati a se stessa come direttore dell’Unione Media Val Cavallina e responsabile del servizio amministrativo contabile e altri 14.237 al direttore dell’ufficio tecnico, l’architetto Fulvio Leoni. «Illegittimamente» è l’accusa. Il nocciolo della vicenda sono le schede di valutazione, necessarie secondo il pm Maria Esposito per decidere quanti soldi spettano: non ci sono. Secondo Lazzarini, invece, per l’incarico che ricopriva l’indennità era indipendente dalle schede di valutazione. Le spettava, punto. Era la prassi.
Di mezzo c’è un ginepraio di leggi, regolamenti, mansioni del pubblico impiego. Con un significativo cambiamento nel 2009, la riforma Brunetta che introduce il concetto di performance. L’imputata lo sapeva bene, lo ammette, nel 2011 aveva predisposto una bozza di delibera perché il Consiglio dell’Unione introducesse le modifiche «ma la discussione è stata rinviata». Fino al 2015. Domanda del pm: «Perché nel frattempo ha continuato a liquidarsi le indennità anziché sospenderle?».
Lei, sguardo fisso al collegio (presidente Giovanni Petillo), voce sicura e mani veloci sui documenti divisi in cartelline, le gote arrossate per la concentrazione e, è lecito pensarlo, la tensione: «Non ho mai preso un centesimo che non mi spettasse, anzi era una minima parte rispetto alle ore di straordinari che ho fatto».
È così che, parola dopo parola, emerge lo spaccato di che cosa erano, agli esordi, le Unioni di comuni. In questo caso Borgo di Terzo, Luzzana, Vigano San Martino. «Era il 1998, noi eravamo i secondi in Lombardia, i quinti in Italia». Lei, di Nembro, c’era dall’inizio, più figure in una, tutte di responsabilità. (Auto) pagata più di quanto avrebbe dovuto, però, ritiene il pm che contesta il grosso della somma dal febbraio 2009 al marzo 2015.
Pagata il giusto, anzi meno di quanto ha lavorato, è la difesa. Va in questo senso la domanda dell’avvocato Mauro Angarano: «Vuole dire quali incarichi ha avuto che non le sono stati pagati?». L’imputata è un fiume. L’elenco inizia con direttore dell’Unione dal 1998 al 2014 e l’indennità congelata perché si è aggiunto l’incarico di responsabile della posizione amministrativa. Si sono aggiunti, in tempi diversi, i ruoli di responsabile unico dei servizi, segretario dell’unione, sostituto del segretario e per dieci mesi e mezzo segretario dei tre comuni «senza un centesimo, anzi ho fatto risparmiare all’Unione 149.000 euro».
Per il 2012 e il 2013, però, sono spuntate delle schede di valutazione con le firme dell’allora presidente dell’Unione Massimo Armati. Firme false, contesta il pm. «Non le ho messe io», assicura l’imputata. Che la sera del 2 aprile 2015, «mentre stavo chiudendo il consuntivo», vede una mail con cui il segretario comunale Luisa Borsellino le chiede di fornire i decreti di nomina e le schede di valutazione. L’inizio dei guai. Dal gennaio 2017 Lazzarini è sospesa dal servizio. Se ne riparla a processo il 9 gennaio, per la sentenza.